PARROCCHIA S. GIOACCHINO

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FESTA DELLA FAMIGLIA 2012

 

24 novembre

 

VEGLIA DI PREGHIERA :

LA FAMIGLIA: IL LAVORO E LA FESTA

 

 

 

CANTO n° 49 PREGHIERA DI GESU’

 

Esposizione del Santissimo Sacramento.

 

Preghiera litanica.

 

Let. Pane vivo, disceso dal cielo.

Tutti Ti adoriamo e ti benediciamo

 

Let. Vino di salvezza, che fai lieto il cuore dei credenti.

Tutti Ti adoriamo e ti benediciamo.

 

Lett. Verbo fatto carne nel grembo della Vergine Maria.

Tutti Ti adoriamo e ti benediciamo.

 

Let. Figlio dell’uomo, sottomesso a Maria e Giuseppe nella casa di Nàzaret.

Tutti Ti adoriamo e ti benediciamo.

 

Let. Salvatore e Signore, che hai sperimentato la crescita in sapienza, età e grazia.

Tutti Ti adoriamo e ti benediciamo.

 

Let. Creatore e Dio immenso, che hai conosciuto il valore e la fatica del lavoro umano.

Tutti Ti adoriamo e ti benediciamo.

 

Let. Cristo redentore, Sposo della Chiesa, che la introduci alla festa del regno.

Tutti Ti adoriamo e ti benediciamo.

 

C. Perché grande e santo è il mistero della tua Presenza eucaristica fra noi,

nella quale ogni famiglia trova la fonte inesauribile dell’amore e dell’unità e attinge la forza per camminare sui sentieri della vita verso il tuo Regno, vivendo nell’operosità quotidiana del lavoro

e aprendosi alla gioia esaltante della festa.

 

 

 

seduti

Il segreto di Nàzaret

 

C. A giugno, si è svolto a Milano, il VII Incontro Mondiale delle Famiglie, dedicato al tema La famiglia: il lavoro e la festa. Si è pensato che ci sarebbe stato utile riflettere sullo stesso tema proposto e unirci idealmente, questa sera, in preparazione alla nostra festa della famiglia, a tutte quelle famiglie che già hanno pregato così. Al cuore di quell’ incontro è stata posta la presenza del Signore Gesù, il Figlio unigenito del Padre, che, vivendo nella casa di Nàzaret con Maria e Giuseppe, ha santificato «i dolci affetti della famiglia umana» e ha donato agli sposi e ai figli «un modello sublime di vita familiare».

In adorazione davanti al Santissimo Sacramento riconosciamo il paradosso più bello e consolante della fede cristiana, il segreto di Nàzaret.

 

 

 

Let. Lettura del Vangelo secondo Luca (2, 39-42. 51-52)

Quando Maria e Giuseppe ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui…..

……I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa...

……Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

 

.

Let. A Nàzaret, Gesù vive il periodo più lungo della sua vita. Gesù diventa uomo: con il trascorrere degli anni attraversa molte delle esperienze umane per salvarle tutte: si fa uno di noi, entra in una famiglia umana, vive trent’anni di assoluto silenzio che diventano rivelazione del mistero dell’umiltà di Nàzaret.

Il ritornello delinea con pochi tratti il «segreto di Nàzaret». È il luogo per crescere in sapienza e grazia di Dio, nel contesto di una famiglia che accoglie e genera: «Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui».

Il mistero di Nàzaret ci dice in modo semplice che Gesù, la Parola che viene dall’alto, il Figlio del Padre, si fa bambino, assume la nostra umanità, cresce come un ragazzo in una famiglia, vive l’esperienza della religiosità e della legge, la vita quotidiana scandita dai giorni di lavoro e dal riposo del sabato, il calendario delle feste...

Il mistero di Nàzaret, però, è molto di più... Infatti, il ritornello di chiusura dell’episodio dice che Gesù «scese con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini». Ecco il mistero profondo di Nàzaret: Gesù, la Parola di Dio in persona, si è immerso nella nostra umanità per trent’anni.

Le parole degli uomini, le relazioni familiari, l’esperienza dell’amicizia e della conflittualità, della salute e della malattia, della gioia e del dolore sono diventati linguaggi che Gesù impara per dire la Parola di Dio. Donde vengono, se non dalla famiglia e dall’ambiente di Nàzaret, le parole di Gesù, le sue immagini, la sua capacità di guardare i campi, il contadino che semina, la messe che biondeggia, la donna che impasta la farina, il pastore che ha perso la pecora, il padre con i suoi due figli. Dove ha imparato Gesù la sua sorprendente capacità di raccontare, immaginare, paragonare, pregare nella e con la vita? Non vengono forse dall’immersione di Gesù nella vita di Nàzaret? Per questo diciamo che Nàzaret è il luogo dell’umiltà e del nascondimento.

La parola si nasconde, il seme scende nel grembo della terra e muore per portare come dono l’amore stesso di Dio, anzi il volto paterno di Dio. Questo è il mistero di Nàzaret.

Gesù vive in una famiglia segnata dalla spiritualità giudaica e dalla fedeltà alla legge: «I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa». La famiglia e la legge sono il contesto dove Gesù cresce in sapienza e grazia. La famiglia ebraica e la religiosità giudaica, una famiglia patriarcale e una religione domestica, con le sue feste annuali, con il senso del sabato, con la preghiera e il lavoro quotidiano, con lo stile di un amore di coppia puro e tenero, fanno comprendere come Gesù abbia vissuto a fondo la sua famiglia.

Anche noi cresciamo in una famiglia umana, dentro legami di accoglienza che ci fanno crescere e rispondere alla vita e a Dio.

Anche noi diventiamo ciò che abbiamo ricevuto. Il mistero di Nàzaret è l’insieme di tutti questi legami: la famiglia e la religiosità, le nostre radici e la nostra gente, la vita quotidiana e i sogni per il domani. L’avventura della vita umana parte da ciò che abbiamo ricevuto: la vita, la casa, l’affetto, la lingua, la fede. La nostra umanità è forgiata da una famiglia, con le sue ricchezze e le sue povertà.

 

 

Pausa di riflessione e adorazione.

 

 

In piedi. Il ministro introduce la preghiera:

 

C. Signore Gesù Cristo…

 

Tutti: che hai voluto vivere per trent’anni

in seno alla santa Famiglia di Nàzaret,

e hai istituito il sacramento del matrimonio

perché le famiglie cristiane fossero fondate e unite nel tuo amore,

ti preghiamo di benedire e santificare tutte le famiglie del mondo.

Rimani sempre in mezzo a loro con la tua luce e la tua grazia.

Benedici ogni loro iniziativa, perché sia sempre conforme alla volontà del Padre celeste.

Dona loro il coraggio di restare unite a te nei giorni lieti e felici

come nei giorni della prova e della fatica

Accompagna i passi del loro cammino con il tuo aiuto divino,

perché possano compiere con fedeltà e rettitudine

la loro missione terrena e ritrovarsi per sempre nella festa del tuo Regno. AMEN.

 

 

 

CANTO n° 8 MADRE IO VORREI

 

seduti

 

Il lavoro risorsa della Famiglia

 

C. Stiamo vivendo un tempo tribolato per tante famiglie che faticano a mantenere un tenore di vita dignitoso o guardano con paura a un futuro che si presenta minaccioso e incerto. La crisi del lavoro e la sua precarietà in non pochi casi mettono a rischio la serenità di tutta la famiglia, dagli anziani ai bambini, e gettano nel cuore di molti tristezza e rassegnazione.

Eppure nel progetto originario di Dio, già rivelato nelle prime pagine della Bibbia e confermato dal Signore Gesù, che non ha rifiutato l’appellativo di «figlio del falegname», il lavoro è presentato come la grande risorsa che apre alla speranza di una vita buona nelle nostre case e alla realizzazione umana dei singoli membra della famiglia. Inoltre, e questo è l’aspetto più profondo e teologale, «l’umanità è stata voluta da Dio per prendersi cura della natura creata, collaborando attivamente alla sua opera creatrice».

Davanti al SS. Sacramento sostiamo con fede e con amore in adorazione di Colui che ha voluto rimanere accanto a noi nei segni del Pane e del Vino, «frutto della terra e del lavoro dell’uomo».

 

 

Let. Dal Libro della Genesi (2, 7-10. 15)

Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente. Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato.

Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male. Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi...

Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse.

 

 

Let. Il giardino in Eden è un dono che viene dalle mani di Dio, un luogo splendido, ricco dell’acqua che irriga tutto il mondo. Il primo compito che Dio affida all’uomo dopo averlo creato è di lavorare nel suo giardino, coltivandolo e custodendolo...

Dio non è geloso della sua opera, ma la mette a disposizione degli uomini, senza alcuna diffidenza e con grande generosità. Non solo Egli affida alla loro cura ogni altra sua creatura, ma fa dono agli uomini dello spirito affinché essi partecipino attivamente alla sua creazione, plasmandola secondo il suo disegno. Lo spirito è la risorsa che Dio ha posto nella creatura umana affinché si prenda cura, per Lui e con Lui, dell’intero creato...

Non solo Dio pianta un giardino, ma vi pone ad abitare l’uomo. Il giardino terrestre è donato agli uomini affinché vivano in comunione tra di loro e, lavorando, si prendano reciprocamente cura della loro vita. Il lavoro non è una punizione divina, come s’immaginava nei miti antichi, né condizione di schiavitù, come si pensava nella cultura greco-romana: è piuttosto un’attività costitutiva di ogni essere umano. Il mondo attende che gli uomini si mettano al lavoro. Hanno la possibilità e la responsabilità di attuare nel mondo creato il disegno di Dio Creatore. In questa luce, il lavoro è una forma con cui l’uomo vive la sua relazione e la sua fedeltà a Dio.

Il lavoro non è quindi il fine della vita: esso conserva la sua giusta misura di mezzo. Il fine è la comunione e la corresponsabilità degli uomini con il loro Creatore. Se il lavoro diventa un fine, l’idolatria del lavoro prenderebbe il posto della collaborazione richiesta da Dio agli uomini...

Come dice la Laborem Exercens al n. 10: «Il lavoro è il fondamento su cui si forma la vita familiare, la quale è un diritto naturale e una vocazione dell’uomo... Il lavoro è, in un certo modo, la condizione per rendere possibile la fondazione di una famiglia, poiché questa esige i mezzi di sussistenza, che in via normale l’uomo acquista mediante il lavoro.

Lavoro e laboriosità condizionano anche tutto il processo di educazione nella famiglia, proprio per la ragione che ognuno «diventa uomo», fra l’altro, mediante il lavoro, e quel diventare uomo esprime appunto lo scopo principale di tutto il processo educativo. Evidentemente qui entrano in gioco, in un certo senso, due aspetti del lavoro: quello che consente la vita e il mantenimento della famiglia, e quello mediante il quale si realizzano gli scopi della famiglia stessa, soprattutto l’educazione Infatti, la famiglia è, al tempo stesso, una comunità resa possibile dal lavoro e la prima interna scuola di lavoro per ogni uomo.

 

 

Pausa di riflessione e adorazione.

 

 

In piedi e il ministro introduce la preghiera:

 

C. Gesù, che ti sei assoggettato alla legge del lavoro

e hai guadagnato il pane col sudore della tua fronte

pur essendo, con il Padre e con lo Spirito Santo,

il Creatore e il Signore di tutto l’Universo,

ascolta l’umile e fiduciosa preghiera dei tuoi figli.

 

Tutti: Noi ti adoriamo e lodiamo il tuo santo nome,

e ti proclamiamo Redentore del lavoro.

Benedici, o divino Operaio di Nàzaret,

il nostro quotidiano impegno lavorativo,

e trasformalo in sacrificio vivente e santo,

in un’offerta gradita a Dio.

Benedici l’opera delle nostre mani,

perché procuri il pane necessario

e tutto ciò che fa bella e dignitosa

l’esistenza delle nostre famiglie.

Concedi che il mondo del lavoro,

travagliato da incertezze e difficoltà,

conosca presto una nuova stagione

nella quale nessuno debba soffrire

indigenza, miseria e povertà. Amen. 

 

 

Canto n° 31 LAUDATO SII

 

 

seduti

 

 

La festa, tempo per il Signore

 

C. Carissimi, il nostro cuore anela alla gioia e la festa è il dono che Dio fa all’umanità perché la nostra gioia sia piena. Per noi cristiani la festa si chiama domenica, cioè giorno del Signore, perché al centro della festa sta l’incontro eucaristico con il Signore risorto.

La domenica è il giorno in cui siamo invitati a interrompere le nostre occupazioni ordinarie per dare spazio alla dimensione spirituale, vissuta ecclesialmente nella comunità.

Tutto questo tocca in profondità la vita delle famiglie cristiane, che nella partecipazione alla messa domenicale fanno una singolare esperienza del legame che le unisce a Dio e ai fratelli e ritrovano la loro ragion d’essere e il motivo più autentico della loro gioia.

Raccolti in preghiera davanti al Santissimo Sacramento, riconosciamo nel Signore Gesù l’autore della nostra gioia, Colui che dà pienezza di senso alla nostra festa.

 

 

Let. Dal Vangelo secondo Giovanni (20,19-25a)

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!».

 

 

 

Let. Da «La festa della fede» del Card. Joseph Ratzinger

La festa presuppone l’autorizzazione alla gioia; questa autorizzazione è valida solo se è in grado di far fronte alla domanda sulla morte... La risurrezione di Cristo dà l’autorizzazione alla gioia ricercata da tutta la storia e che nessuno era in grado di fornire.

Perciò la liturgia, in particolare l’eucaristia, è per sua natura festa della risurrezione, mistero della Pasqua. In quanto tale essa porta in sé il mistero della croce, che è poi l’intima premessa della risurrezione.

 

 

Let. La domenica è la «memoria» della Pasqua di Gesù. Secondo la concorde testimonianza evangelica, Cristo è risorto il «primo giorno della settimana». In questo giorno si sono compiuti tutti gli eventi sui quali si fonda la fede cristiana: la risurrezione di Gesù, le apparizioni pasquali, l’effusione dello Spirito. I cristiani delle origini hanno ripreso il ritmo settimanale ebraico ma, a partire dalla risurrezione, hanno dato un’impor­tanza fondamentale al «primo giorno dopo il sabato». Nella cornice di questo giorno, Giovanni e Luca collocano la memoria dei pasti presi con il Risorto, colorandoli di tratti eucaristici...

In continuità con i pasti di Gesù si pongono le «riunioni» del primo giorno della settimana, ricordate in Atti 20, 7 come momento dell’assemblea comunitaria per lo «spezzare del pane»e l’ascolto della parola dell’apostolo, e menzionate in 1Corinzi 16, 2 come giorno della colletta per i poveri di Gerusalemme. La domenica è connotata perciò da tre elementi: l’ascolto della Parola, lo spezzare il pane e la condivisione fraterna...

Partecipando alla messa, la famiglia dedica spazio e tempo, offre energie e risorse, impara che la vita non è fatta di soli bisogni da esaudire, ma di relazioni da costruire. La gratuità dell’eucaristia domenicale richiede che la famiglia partecipi alla memoria della Pasqua di Gesù.

Nella messa la famiglia si alimenta alla mensa della parola e del pane, che dà sapore e senso alle parole e al cibo condivisi alla tavola di casa. Fin da piccoli i figli vanno educati all’ascolto della parola, riprendendo in casa ciò che si è ascoltato nella comunità. Ciò consentirà loro di scoprire la domenica come «giorno del Signore».

L’incontro con Gesù risorto, al centro della domenica, deve alimentarsi alla memoria di Gesù, al racconto del Vangelo, alla realtà del pane spezzato e del corpo donato. La memoria del Crocifisso risorto segna la differenza della domenica dal tempo libero: se non incontriamo Lui, la festa non avviene...

«Per questo – come insegna la Costituzione conciliare sulla sacra Liturgia – la domenica è la festa primordiale, che deve essere proposta e inculcata alla pietà dei fedeli, in modo che risulti anche giorno di gioia e di riposo dal lavoro».

 

 

Pausa di riflessione e adorazione.

 

 

CANTO n° 69 MUSICA di FESTA

 

 

Acclamazioni a Cristo Signore

 

In ginocchio

 

C. Acclamiamo a Cristo Signore, che nell’eucaristia convoca ogni famiglia alla festa del suo banchetto di grazia.

 

Let. Crocifisso risorto, che effondi sulla terra l’acqua viva dello Spirito. Kyrie eleison.

Tutti Kyrie eleison

 

Let. Pane inviato dal cielo, che dai al mondo vita e risurrezione. Kyrie eleison.

Tutti Kyrie eleison.

 

Let. Vino di salvezza, che fai lieto il cuore dei credenti. Kyrie eleison.

Tutti Kyrie eleison.

 

Let. Verbo di Dio fatto uomo, che illumini il nostro cammino. Kyrie eleison.

Tutti Kyrie eleison.

 

Let. Segno della divina misericordia, che porti grazia e salvezza all’umanità. Kyrie eleison.

Tutti Kyrie eleison.

 

Let. Cristo Redentore dell’uomo, che sei speranza di vita eterna. Kyrie eleison

Tutti Kyrie eleison.

Preghiera finale

 

C. A Dio, nostro Padre, eleviamo la preghiera per la famiglia, desunta dagli scritti di santa Gianna Beretta Molla, sposa e madre esemplare.

 

Tutti: Padre, ti benediciamo
perché l’amore è il sentimento più bello
che tu hai posto nell’animo degli uomini.

Illumina il cuore dei giovani
a comprendere che amare vuol dire
desiderio di perfezionare se stessi, la persona amata,
superare il proprio egoismo, donarsi.

Fa’ che tra gli sposi l’amore
sia totale, pieno, completo,
regolato sulla tua legge.

Con il tuo aiuto e la tua benedizione,
ogni famiglia diventi sempre più
un piccolo cenacolo
ove Gesù regna sopra tutti gli affetti,
i desideri e le azioni.

Sostieni i genitori perché siano
tuoi collaboratori nella creazione
e possano offrire a te
dei figli che ti amino e ti servano.

Dove è presente qualche dolore,
fa’ che gli sposi volendosi sempre bene,
con il tuo aiuto, sappiano insieme sopportarlo.

Concedi a tutti di scoprire
e vivere il segreto della felicità:
vivere momento per momento e ringraziarti
di tutto ciò che nella tua bontà
ci mandi, giorno per giorno.

Con te nel cuore,
fa’ che godiamo della gioia di amarci
e che la portiamo a tutti.
Tu sarai la nostra forza e il nostro aiuto.
Amen.

 

 

 

Canto: ADORIAMO IL SACRAMENTO (Pag. 2)

 

 

BENEDIZIONE EUCARISTICA

 

 

(insieme) ACCLAMAZIONI


Dio sia benedetto

Benedetto il Suo Santo Nome

Benedetto Gesù Cristo vero Dio e vero Uomo

Benedetto il Nome di Gesù

Benedetto il Suo Sacratissimo Cuore

Benedetto il Suo Preziosissimo Sangue

Benedetto Gesù nel Santissimo Sacramento dell’altare

Benedetto lo Spirito Santo Paraclito

Benedetta la gran Madre di Dio, Maria Santissima

Benedetta la Sua Santa ed Immacolata Concezione

Benedetta la Sua gloriosa Assunzione

Benedetto il nome di Maria, Vergine e Madre

Benedetto San Giuseppe, Suo castissimo sposo

Benedetto Iddio nei Suoi Angeli e nei Suoi Santi.


 

 

 

 

 

Beata la famiglia il cui Dio è il Signore,

e che cammina alla Sua presenza.

 

Beata la famiglia fondata sull'amore

e che dall'amore fa scaturire atteggiamenti,

parole, gesti e decisioni.

 

Beata la famiglia aperta alla vita

che accoglie i figli come un dono,

che valorizza la presenza degli anziani,

ed è sensibile ai poveri e ai sofferenti.

 

Beata la famiglia che prega insieme 

per lodare il Signore,

per affidargli preoccupazioni e speranze.

 

Beata la famiglia che vive i propri legami nella libertà,

lasciando a tutti autonomia di crescita.

 

Beata la famiglia che trova il tempo

per dialogare, svagarsi e fare festa insieme.

 

Beata la famiglia che non è schiava della televisione

e sa scegliere programmi costruttivi.

 

Beata la famiglia in cui i contrasti non sono un dramma,

ma palestra per crescere nel rispetto,

nella benevolenza 

e nel perdono vicendevole.

 

Beata la famiglia dove regna la pace

al suo interno e con tutti:

in lei mette radice la pace del mondo.

 

Beata la famiglia che vive in sintonia con l'universo

e si impegna per la costruzione 

di un mondo più umano.

 

Beata la famiglia in cui vivere è gioia,

allontanarsi è nostalgia, tornare è festa.