PARROCCHIA S. GIOACCHINO
40135 BOLOGNA - via d.Luigi Sturzo 42
tel. 0516145385
www.sangioacchino.it – parrocchia@sangioacchino.it
FESTA DELLA FAMIGLIA 2012
24 novembre
CANTO n° 49 PREGHIERA DI
GESU’
Esposizione del Santissimo Sacramento.
Preghiera litanica.
Let. Pane
vivo, disceso dal cielo.
Tutti Ti adoriamo e ti benediciamo
Let. Vino
di salvezza, che fai lieto il cuore dei credenti.
Tutti Ti
adoriamo e ti benediciamo.
Lett. Verbo fatto
carne nel grembo della Vergine Maria.
Tutti Ti
adoriamo e ti benediciamo.
Let. Figlio
dell’uomo, sottomesso a Maria e Giuseppe nella casa di Nàzaret.
Tutti Ti
adoriamo e ti benediciamo.
Let. Salvatore
e Signore, che hai sperimentato la crescita in sapienza, età e grazia.
Tutti Ti
adoriamo e ti benediciamo.
Let. Creatore
e Dio immenso, che hai conosciuto il valore e la fatica del lavoro umano.
Tutti Ti adoriamo
e ti benediciamo.
Let. Cristo
redentore, Sposo della Chiesa, che la introduci alla festa del regno.
Tutti Ti
adoriamo e ti benediciamo.
C. Perché grande e
santo è il mistero della tua Presenza eucaristica fra noi,
nella quale ogni
famiglia trova la fonte inesauribile dell’amore e dell’unità e
attinge la forza per camminare sui sentieri della vita verso il tuo Regno, vivendo
nell’operosità quotidiana del lavoro
e aprendosi alla
gioia esaltante della festa.
seduti
C. A giugno, si è svolto a Milano, il VII Incontro Mondiale
delle Famiglie, dedicato al tema La
famiglia: il lavoro e la festa. Si è pensato che ci sarebbe stato
utile riflettere sullo stesso tema proposto e unirci idealmente, questa sera,
in preparazione alla nostra festa della famiglia, a tutte quelle famiglie che
già hanno pregato così. Al cuore di quell’ incontro è stata posta la presenza del Signore Gesù, il
Figlio unigenito del Padre, che, vivendo nella casa di Nàzaret
con Maria e Giuseppe, ha santificato «i dolci affetti della famiglia umana» e
ha donato agli sposi e ai figli «un modello sublime di vita familiare».
In adorazione davanti al Santissimo Sacramento riconosciamo
il paradosso più bello e consolante della fede cristiana, il segreto di Nàzaret.
Let. Lettura del Vangelo secondo Luca (2, 39-42. 51-52)
Quando Maria e Giuseppe ebbero adempiuto ogni
cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città
di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava,
pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui…..
……I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per
la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi
salirono secondo la consuetudine della festa...
……Scese dunque con loro e venne a Nàzaret
e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte
queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in
sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.
.
Let. A Nàzaret,
Gesù vive il periodo più lungo della sua vita. Gesù diventa uomo: con il
trascorrere degli anni attraversa molte delle esperienze umane per salvarle
tutte: si fa uno di noi, entra in una famiglia umana, vive trent’anni
di assoluto silenzio che diventano rivelazione del
mistero dell’umiltà di Nàzaret.
Il ritornello delinea con pochi tratti il «segreto
di Nàzaret». È il luogo per crescere in sapienza e grazia di Dio, nel contesto di una famiglia che accoglie e genera: «Il
bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su
di lui».
Il mistero di Nàzaret ci dice in modo
semplice che Gesù, la Parola che viene
dall’alto, il Figlio del Padre, si fa bambino, assume la nostra umanità, cresce come un ragazzo in una
famiglia, vive l’esperienza della religiosità e della legge, la vita
quotidiana scandita dai giorni di lavoro e dal riposo del sabato, il calendario
delle feste...
Il mistero di Nàzaret, però, è molto di
più... Infatti, il ritornello di chiusura
dell’episodio dice che Gesù «scese con loro e venne a Nàzaret
e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e
agli uomini». Ecco il mistero profondo di Nàzaret:
Gesù, la Parola di Dio in persona, si è
immerso nella nostra umanità per trent’anni.
Le parole degli uomini, le relazioni familiari, l’esperienza
dell’amicizia e della conflittualità, della
salute e della malattia, della gioia e del dolore sono diventati linguaggi che
Gesù impara per dire la Parola di Dio. Donde vengono, se non dalla famiglia e dall’ambiente di Nàzaret, le parole di Gesù, le sue immagini, la sua
capacità di guardare i campi, il contadino che semina, la messe che biondeggia,
la donna che impasta la farina, il pastore che ha perso la pecora, il padre con
i suoi due figli. Dove ha imparato Gesù la sua
sorprendente capacità di raccontare, immaginare, paragonare, pregare nella e
con la vita? Non vengono forse dall’immersione di Gesù nella vita di Nàzaret? Per questo diciamo che Nàzaret è
il luogo dell’umiltà e del nascondimento.
La parola si nasconde, il seme scende nel grembo della terra e muore
per portare come dono l’amore stesso di Dio, anzi il volto paterno di
Dio. Questo è il mistero di Nàzaret.
Gesù vive in una famiglia segnata dalla spiritualità
giudaica e dalla fedeltà alla legge: «I suoi genitori si
recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando
egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa». La
famiglia e la legge sono il contesto dove Gesù cresce
in sapienza e grazia. La famiglia ebraica e la religiosità giudaica, una
famiglia patriarcale e una religione domestica, con le sue feste annuali, con
il senso del sabato, con la preghiera e il lavoro quotidiano, con lo stile di
un amore di coppia puro e tenero, fanno comprendere
come Gesù abbia vissuto a fondo la sua famiglia.
Anche noi cresciamo in una famiglia umana, dentro legami di accoglienza che ci fanno crescere e rispondere alla vita
e a Dio.
Anche
noi diventiamo ciò che abbiamo ricevuto. Il mistero di Nàzaret è l’insieme di tutti questi legami:
la famiglia e la religiosità, le nostre radici e la nostra gente, la vita
quotidiana e i sogni per il domani. L’avventura della vita umana parte da
ciò che abbiamo ricevuto: la vita, la casa, l’affetto, la lingua, la
fede. La nostra umanità è forgiata da una famiglia, con le sue ricchezze e
le sue povertà.
Pausa di riflessione e adorazione.
In piedi. Il ministro introduce
la preghiera:
C. Signore Gesù
Cristo…
Tutti:
che hai voluto vivere per trent’anni
in seno alla
santa Famiglia di Nàzaret,
e hai
istituito il sacramento del matrimonio
perché le famiglie
cristiane fossero fondate e unite nel tuo amore,
ti preghiamo
di benedire e santificare tutte le famiglie del mondo.
Rimani sempre in mezzo a loro con la tua
luce e la tua grazia.
Benedici ogni loro iniziativa, perché sia
sempre conforme alla volontà del Padre celeste.
Dona loro il coraggio di restare unite a te nei giorni lieti e felici
come nei giorni
della prova e della fatica
Accompagna i passi del loro cammino con il
tuo aiuto divino,
perché possano
compiere con fedeltà e rettitudine
la loro missione
terrena e ritrovarsi per sempre nella festa del tuo Regno. AMEN.
CANTO n° 8 MADRE IO VORREI
seduti
Il lavoro risorsa della Famiglia
C. Stiamo
vivendo un tempo tribolato per tante famiglie che faticano a mantenere un
tenore di vita dignitoso o guardano con paura a un
futuro che si presenta minaccioso e incerto. La crisi del lavoro e la sua
precarietà in non pochi casi mettono a rischio la serenità di tutta la
famiglia, dagli anziani ai bambini, e gettano nel
cuore di molti tristezza e rassegnazione.
Eppure nel progetto originario di Dio, già
rivelato nelle prime pagine della Bibbia e confermato dal Signore
Gesù, che non ha rifiutato l’appellativo di «figlio del falegname», il
lavoro è presentato come la grande risorsa che apre alla speranza di una vita
buona nelle nostre case e alla realizzazione umana dei singoli membra della
famiglia. Inoltre, e questo è l’aspetto più profondo e teologale,
«l’umanità è stata voluta da Dio per prendersi
cura della natura creata, collaborando attivamente alla sua opera creatrice».
Davanti al SS.
Sacramento sostiamo con fede e con amore in adorazione di Colui che ha voluto
rimanere accanto a noi nei segni del Pane e del Vino, «frutto della terra e del
lavoro dell’uomo».
Let. Dal Libro della Genesi (2, 7-10. 15)
Allora il Signore
Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un
alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente. Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi
collocò l’uomo che aveva plasmato.
Il Signore Dio
fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da
mangiare, e l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero
della conoscenza del bene e del male. Un fiume usciva da Eden per irrigare il
giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi...
Il Signore Dio
prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo
custodisse.
Let. Il giardino in Eden è un
dono che viene dalle mani di Dio, un luogo splendido, ricco dell’acqua
che irriga tutto il mondo. Il primo compito che Dio affida all’uomo dopo
averlo creato è di lavorare nel suo
giardino, coltivandolo e custodendolo...
Dio non è geloso della sua opera, ma la
mette a disposizione degli uomini, senza alcuna diffidenza e con grande generosità. Non solo Egli affida alla loro cura ogni
altra sua creatura, ma fa dono agli uomini dello spirito affinché essi
partecipino attivamente alla sua creazione, plasmandola secondo il suo disegno.
Lo spirito è la risorsa che Dio ha posto nella creatura umana affinché si prenda
cura, per Lui e con Lui, dell’intero creato...
Non solo Dio pianta un giardino, ma vi
pone ad abitare l’uomo. Il giardino terrestre è donato agli uomini
affinché vivano in comunione tra di loro e, lavorando,
si prendano reciprocamente cura della loro vita. Il lavoro non è una punizione
divina, come s’immaginava nei miti antichi, né condizione di schiavitù,
come si pensava nella cultura greco-romana: è piuttosto un’attività
costitutiva di ogni essere umano. Il mondo attende che
gli uomini si mettano al lavoro. Hanno la
possibilità e la responsabilità di attuare nel mondo creato il disegno di Dio
Creatore. In questa luce, il lavoro è una forma con cui
l’uomo vive la sua relazione e la sua fedeltà a Dio.
Il lavoro non è quindi il fine della vita:
esso conserva la sua giusta misura di mezzo. Il fine è la comunione e la
corresponsabilità degli uomini con il loro Creatore. Se
il lavoro diventa un fine, l’idolatria del lavoro prenderebbe il posto
della collaborazione richiesta da Dio agli uomini...
Come dice la Laborem Exercens al n. 10: «Il lavoro è
il fondamento su cui si forma la vita familiare, la
quale è un diritto naturale e una vocazione dell’uomo... Il lavoro è, in
un certo modo, la condizione per rendere possibile la fondazione di una
famiglia, poiché questa esige i mezzi di sussistenza, che in via normale
l’uomo acquista mediante il lavoro.
Lavoro e laboriosità condizionano anche tutto
il processo di educazione nella famiglia, proprio per la ragione che ognuno
«diventa uomo», fra l’altro, mediante il lavoro, e quel diventare uomo
esprime appunto lo scopo principale di tutto il processo educativo.
Evidentemente qui entrano in gioco, in un certo senso, due aspetti del lavoro:
quello che consente la vita e il mantenimento della famiglia, e quello mediante
il quale si realizzano gli scopi della famiglia stessa, soprattutto
l’educazione Infatti, la famiglia è, al
tempo stesso, una comunità resa possibile dal lavoro e la prima interna scuola
di lavoro per ogni uomo.
Pausa di riflessione e adorazione.
In piedi e il ministro
introduce la preghiera:
C. Gesù, che ti
sei assoggettato alla legge del lavoro
e hai
guadagnato il pane col sudore della tua fronte
pur essendo,
con il Padre e con lo Spirito Santo,
il Creatore e
il Signore di tutto l’Universo,
ascolta l’umile
e fiduciosa preghiera dei tuoi figli.
Tutti: Noi ti adoriamo e lodiamo il tuo santo nome,
e ti proclamiamo Redentore del lavoro.
Benedici, o divino Operaio di Nàzaret,
il nostro quotidiano impegno lavorativo,
e trasformalo in sacrificio vivente e santo,
in un’offerta gradita a Dio.
Benedici l’opera delle nostre mani,
perché procuri il pane necessario
e tutto ciò che fa bella e dignitosa
l’esistenza delle nostre famiglie.
Concedi che il mondo del lavoro,
travagliato da incertezze e difficoltà,
conosca presto una nuova stagione
nella quale nessuno debba soffrire
indigenza, miseria e povertà. Amen.
Canto n° 31
LAUDATO SII
seduti
C. Carissimi, il nostro cuore anela alla gioia e la festa è il
dono che Dio fa all’umanità perché la nostra gioia sia piena. Per noi
cristiani la festa si chiama domenica, cioè giorno del
Signore, perché al centro della festa sta l’incontro eucaristico con il
Signore risorto.
La domenica è il giorno in cui siamo invitati a interrompere le nostre occupazioni ordinarie per dare
spazio alla dimensione spirituale, vissuta ecclesialmente
nella comunità.
Tutto questo tocca in profondità la vita delle
famiglie cristiane, che nella partecipazione alla messa domenicale fanno una
singolare esperienza del legame che le unisce a Dio e ai fratelli e ritrovano
la loro ragion d’essere e il motivo più autentico della loro gioia.
Raccolti in preghiera davanti al Santissimo Sacramento,
riconosciamo nel Signore Gesù l’autore della
nostra gioia, Colui che dà pienezza di senso alla nostra festa.
Let. Dal Vangelo secondo Giovanni (20,19-25a)
La sera di quel giorno, il
primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano
i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro:
«Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro
di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto
questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui
perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non
saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici,
chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù.
Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!».
Let. Da «La festa della fede» del Card. Joseph
Ratzinger
La festa presuppone l’autorizzazione alla
gioia; questa autorizzazione è valida solo se è in
grado di far fronte alla domanda sulla morte... La risurrezione di Cristo dà
l’autorizzazione alla gioia ricercata da tutta la storia e che nessuno
era in grado di fornire.
Perciò la
liturgia, in particolare l’eucaristia, è per sua natura festa della
risurrezione, mistero della Pasqua. In quanto tale
essa porta in sé il mistero della croce, che è poi l’intima premessa
della risurrezione.
Let. La domenica è la
«memoria» della Pasqua di Gesù. Secondo la concorde
testimonianza evangelica, Cristo è risorto il «primo giorno della settimana».
In questo giorno si sono compiuti tutti gli eventi sui quali si fonda la fede
cristiana: la risurrezione di Gesù, le apparizioni pasquali, l’effusione
dello Spirito. I cristiani delle origini hanno ripreso il ritmo settimanale
ebraico ma, a partire dalla risurrezione, hanno dato un’importanza
fondamentale al «primo giorno dopo il sabato». Nella cornice di questo giorno,
Giovanni e Luca collocano la memoria dei pasti presi con il Risorto,
colorandoli di tratti eucaristici...
In continuità con i pasti di Gesù si pongono le «riunioni» del primo
giorno della settimana, ricordate in Atti 20, 7 come momento
dell’assemblea comunitaria per lo «spezzare del pane»e l’ascolto
della parola dell’apostolo, e menzionate in 1Corinzi
16, 2 come giorno della colletta per i poveri di Gerusalemme. La domenica è
connotata perciò da tre elementi: l’ascolto della Parola, lo spezzare il
pane e la condivisione fraterna...
Partecipando alla messa, la famiglia dedica spazio e tempo, offre
energie e risorse, impara che la vita non è fatta di soli bisogni da esaudire,
ma di relazioni da costruire. La gratuità dell’eucaristia domenicale
richiede che la famiglia partecipi alla memoria della Pasqua di
Gesù.
Nella messa la famiglia si alimenta alla mensa della parola e del
pane, che dà sapore e senso alle parole e al cibo
condivisi alla tavola di casa. Fin da piccoli i figli vanno educati
all’ascolto della parola, riprendendo in casa ciò che si è ascoltato
nella comunità. Ciò consentirà loro di scoprire la domenica come «giorno del
Signore».
L’incontro con Gesù risorto, al centro della domenica, deve
alimentarsi alla memoria di Gesù, al racconto del Vangelo, alla realtà del pane
spezzato e del corpo donato. La memoria del Crocifisso
risorto segna la differenza della domenica dal tempo libero: se non incontriamo
Lui, la festa non avviene...
«Per questo – come insegna la Costituzione conciliare sulla
sacra Liturgia – la domenica è la festa
primordiale, che deve essere proposta e inculcata alla pietà dei
fedeli, in modo che risulti anche giorno di gioia e di
riposo dal lavoro».
Pausa di riflessione e adorazione.
CANTO n° 69 MUSICA di FESTA
Acclamazioni a Cristo Signore
In ginocchio
C. Acclamiamo a Cristo Signore, che nell’eucaristia
convoca ogni famiglia alla festa del suo banchetto di grazia.
Let. Crocifisso risorto, che effondi sulla terra l’acqua viva
dello Spirito. Kyrie eleison.
Tutti Kyrie
eleison
Let. Pane inviato dal cielo, che dai al mondo vita e risurrezione.
Kyrie eleison.
Tutti Kyrie
eleison.
Let. Vino di salvezza, che fai lieto il cuore dei credenti. Kyrie eleison.
Tutti Kyrie eleison.
Let. Verbo di Dio fatto uomo, che illumini il nostro cammino. Kyrie eleison.
Tutti Kyrie eleison.
Let. Segno della divina misericordia, che porti grazia e salvezza
all’umanità. Kyrie eleison.
Tutti Kyrie
eleison.
Let. Cristo Redentore dell’uomo, che sei speranza di vita
eterna. Kyrie eleison
Tutti Kyrie
eleison.
C. A
Dio, nostro Padre, eleviamo
la preghiera per la famiglia, desunta dagli scritti di santa Gianna Beretta Molla, sposa e madre esemplare.
Tutti: Padre,
ti benediciamo
perché l’amore è il sentimento più bello
che tu hai posto nell’animo degli uomini.
Illumina
il cuore dei giovani
a comprendere che amare vuol dire
desiderio di perfezionare se stessi, la persona amata,
superare il proprio egoismo, donarsi.
Fa’
che tra gli sposi l’amore
sia totale, pieno, completo,
regolato sulla tua legge.
Con
il tuo aiuto e la tua benedizione,
ogni famiglia diventi sempre più
un piccolo cenacolo
ove Gesù regna sopra tutti gli affetti,
i desideri e le azioni.
Sostieni
i genitori perché siano
tuoi collaboratori nella creazione
e possano offrire a te
dei figli che ti amino e ti servano.
Dove
è presente qualche dolore,
fa’ che gli sposi volendosi sempre bene,
con il tuo aiuto, sappiano insieme sopportarlo.
Concedi
a tutti di scoprire
e vivere il segreto della felicità:
vivere momento per momento e ringraziarti
di tutto ciò che nella tua bontà
ci mandi, giorno per giorno.
Con
te nel cuore,
fa’ che godiamo della gioia di amarci
e che la portiamo a tutti.
Tu sarai la nostra forza e il nostro aiuto.
Amen.
Canto: ADORIAMO IL SACRAMENTO (Pag. 2)
BENEDIZIONE EUCARISTICA
(insieme) ACCLAMAZIONI
Dio sia benedetto
Benedetto il Suo
Santo Nome
Benedetto Gesù Cristo
vero Dio e vero Uomo
Benedetto il Nome di
Gesù
Benedetto il Suo
Sacratissimo Cuore
Benedetto il Suo
Preziosissimo Sangue
Benedetto Gesù nel
Santissimo Sacramento dell’altare
Benedetto lo Spirito
Santo Paraclito
Benedetta la gran
Madre di Dio, Maria Santissima
Benedetta
Benedetta
Benedetto il nome di
Maria, Vergine e Madre
Benedetto San
Giuseppe, Suo castissimo sposo
Benedetto Iddio nei
Suoi Angeli e nei Suoi Santi.
Beata la famiglia il cui
Dio è il Signore,
e che cammina alla Sua presenza.
Beata la famiglia fondata
sull'amore
e che dall'amore fa scaturire atteggiamenti,
parole, gesti e decisioni.
Beata la famiglia aperta
alla vita
che accoglie i figli come un dono,
che valorizza la presenza degli anziani,
ed è sensibile ai poveri e ai sofferenti.
Beata la famiglia che
prega insieme
per lodare il Signore,
per affidargli preoccupazioni e speranze.
Beata la famiglia che
vive i propri legami nella libertà,
lasciando a tutti autonomia di crescita.
Beata
la famiglia che trova il tempo
per dialogare, svagarsi e fare festa insieme.
Beata la famiglia che
non è schiava della televisione
e sa scegliere programmi costruttivi.
Beata la famiglia in cui
i contrasti non sono un dramma,
ma palestra per crescere nel rispetto,
nella benevolenza
e nel perdono vicendevole.
Beata
la famiglia dove regna la pace
al suo interno e con tutti:
in lei mette radice la pace del mondo.
Beata la famiglia che
vive in sintonia con l'universo
e si impegna per la costruzione
di un mondo più umano.
Beata la famiglia in cui
vivere è gioia,
allontanarsi è nostalgia, tornare è festa.