COLLOQUI SULLA MESSA

di Giacomo Lercaro

LA PAROLA ATTUALIZZATA E PREGATA

L'omelia attualizza la Parola nella vita

E ora segue, prescritta dal Concilio nei giorni festivi, consigliata anche nei feriali (SC 52), l'omelia.

È il commento alle letture sacre; commento ovvio, da parte della Chiesa, che ne è la interprete autorevole, e reso necessario dal fatto che "in tutte le Scritture vi sono cose difficili ad intendersi, che gli inesperti e i deboli possono stravolgere a loro propria e altrui perdizione" (cf. 2 Pt 3,16).

Per questo, cogliendo l'uso già vigente nelle sinagoghe dove i brani tradizionali stabiliti dalla Legge e dei Profeti venivano letti e poi commentati (uso a cui Gesù stesso aveva aderito nelle sinagoghe di Nazareth e di Cafarnao e del quale Paolo s'era giovato per annunciare Cristo agli ebrei della diaspora e ai loro proseliti), l'omelia passò nella Messa; e chiaramente san Giustino nel 150 afferma che, "letti i libri dei Profeti e i Commentari degli Apostoli chiamati Evangeli", colui che presiede prende la parola e alla assemblea seduta rivolge ammonizioni ed esortazioni alla imitazione delle cose belle che sono state lette (cf. I Apol. 67).

L'omelia quindi, dagli esempi offertici nel Vangelo e negli Atti e dall'indicazione di Giustino ha il doppio carattere di esegesi e di parenesi, di spiegazioni, cioè, e di esortazioni: non deve staccarsi dal testo, ma spiegarlo e mettere la Parola di Dio in contatto con le situazioni vive e le esigenze spirituali della comunità.

L'omelia come appare nelle parole di Giustino, è nella Messa compito presidenziale; il ministero della Parola è affidato al vescovo, che può dividerlo con i presbiteri e i diaconi.

Terminato così l'annuncio della Parola e il suo commento autorevole, segue una pausa di silenzio; pausa estremamente utile per una immediata meditazione e assimilazione della Parola del Signore; la quale ha, sì, di per sé una fecondazione spirituale, ma vuole il terreno che l'accolga, non la strada ove è calpestata o le spine che la soffocano o la roccia che la inaridisce (cf. Eb 4,12; Mt 13,19ss).