Dalla Cattedra di Pietro

DOPO L’ENCICLICA …

 

A cura di Maria Carla Papi

 

Tutto ha avuto inizio durante la sera di un giovedì di circa 2000 anni fa, quando un certo Gesù di Nazaret diede un significato nuovo alla cena della festa più importante del mondo ebraico: la Pasqua. Il mondo ebraico è ricco di usanze e molto legato alle tradizioni della sua storia, tradizioni che sono sacre perché legate alla religione, all’Alleanza con l’unico Dio che si è manifestato al popolo di Israele tante volte ed in diversi modi.

A questo popolo Dio ha dato le sue leggi perché l’uomo potesse vivere con la dignità che gli è propria… ma prima di tutto questo Dio ha liberato il popolo ebraico dalla schiavitù alla quale era costretto in Egitto. È proprio qui che inizia la storia “nazionale” di questo popolo, con la liberazione dalla schiavitù d’Egitto.

Il momento della libertà ritrovata è sicuramente un momento importante e da ricordare, così anche il popolo ebraico ricorda annualmente la festa della propria liberazione: è la festa di Pasqua, che significa infatti “passaggio”. Passaggio dalla schiavitù alla libertà.

È Dio stesso a dare le indicazioni al suo popolo su come celebrare questa festa, come è scritto nel libro dell’Esodo.

Nella sera di quel giovedì di circa 2000 anni fa, proprio durante la cena che ogni famiglia ebraica consuma in ricordo della liberazione dalla schiavitù, nasce la nostra Messa.

In quella tavola di due millenni fa era presente anche del pane azzimo (non lievitato) e del vino. Il pane era azzimo perché la partenza del popolo ebraico dall’Egitto era avvenuta in tutta fretta e non c’era stato tempo di farlo lievitare. Il ricordo di questo importante avvenimento era curato nei minimi dettagli, anche nel non fare lievitare il pane, come ai tempi della liberazione.

Gesù allora diede alla cena pasquale ebraica un più profondo significato e la sua vera realizzazione. Compì la prima consacrazione su quel pane e su quel vino facendoli diventare veramente il suo corpo ed il suo sangue… e la cena della Pasqua divenne il ricordo della liberazione dalla schiavitù del peccato. Una liberazione ben più importante di quella dalla schiavitù d’Egitto e che ora non riguarda più solo il popolo di Israele, ma ogni uomo che esiste sulla terra e si compie con la morte in croce di Gesù, di cui la Messa è il ricordo (la Chiesa dice “memoria”), ma un ricordo vivo perché in essa Gesù si offre per noi sull’altare come si offrì sulla croce: con il suo vero corpo e il suo vero sangue. Il pane e il vino allora dopo la consacrazione non sono figure ma vero corpo e vero sangue di Gesù Figlio di Dio.

Le parole che Gesù ha usato quella sera per consacrare il pane e il vino sono le stesse che tuttora la Chiesa adopera. Queste parole ci dimostrano la vera presenza di Cristo nell’Eucaristia perché è Gesù stesso a dire che quel pane e quel vino consacrati sono il suo corpo e il suo sangue: ”Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi”, “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi” (Lc 22,20).

 

Capitolo III - LA RETTA CELEBRAZIONE DELLA SANTA MESSA

 

1. La materia della Santissima Eucaristia

 

[48.] Il pane utilizzato nella celebrazione del santo Sacrificio eucaristico deve essere azzimo, esclusivamente di frumento e preparato di recente, in modo che non ci sia alcun rischio di decomposizione.[123] Ne consegue, dunque, che quello preparato con altra materia, anche se cereale, o quello a cui sia stata mescolata materia diversa dal frumento, in quantità tale da non potersi dire, secondo la comune estimazione, pane di frumento, non costituisce materia valida per la celebrazione del sacrificio e del sacramento eucaristico.[124] È un grave abuso introdurre nella confezione del pane dell’Eucaristia altre sostanze, come frutta, zucchero o miele. Va da sé che le ostie devono essere confezionate da persone che non soltanto si distinguano per onestà, ma siano anche esperte nel prepararle e fornite di strumenti adeguati.[125]

 

[49.] In ragione del segno espresso, conviene che qualche parte del pane eucaristico ottenuto dalla frazione sia distribuito almeno a qualche fedele al momento della Comunione. «Le ostie piccole non sono comunque affatto escluse, quando il numero dei comunicandi, o altre ragioni pastorali lo esigano»;[126] si usino, anzi, di solito particole per lo più piccole, che non richiedano ulteriore frazione.

 

[50.] Il vino utilizzato nella celebrazione del santo sacrificio eucaristico deve essere naturale, del frutto della vite, genuino, non alterato, né commisto a sostanze estranee.[127] Nella stessa celebrazione della Messa va mescolata ad esso una modica quantità di acqua. Con la massima cura si badi che il vino destinato all’Eucaristia sia conservato in perfetto stato e non diventi aceto.[128] È assolutamente vietato usare del vino, sulla cui genuinità e provenienza ci sia dubbio: la Chiesa esige, infatti, certezza rispetto alle condizioni necessarie per la validità dei sacramenti. Non si ammetta, poi, nessun pretesto a favore di altre bevande di qualsiasi genere, che non costituiscono materia valida.

 

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Durante la celebrazione eucaristica, in particolare durante la preghiera eucaristica, non vi è un «io», ma un «noi», questo perché, anche durante la sola preghiera del sacerdote, mentre il popolo è in silenzio, in realtà egli parla a nome di tutti. Dice il Catechismo della Chiesa Cattolica:

1348 Tutti si riuniscono. I cristiani accorrono in uno stesso luogo per l'assemblea eucaristica. Li precede Cristo stesso, che è il protagonista principale dell'Eucaristia. È il Sommo Sacerdote della Nuova Alleanza. È lui stesso che presiede in modo invisibile ogni celebrazione eucaristica. Proprio in quanto lo rappresenta, il Vescovo o il presbitero (agendo in persona Christi Capitis – nella persona di Cristo Capo) presiede l'assemblea, prende la parola dopo le letture, riceve le offerte e proclama la preghiera eucaristica. Tutti hanno la loro parte attiva nella celebrazione, ciascuno a suo modo: i lettori, coloro che presentano le offerte, coloro che distribuiscono la Comunione, e il popolo intero che manifesta la propria partecipazione attraverso l'Amen.

 

Le quattro preghiere eucaristiche del Messale Romano.

La prima preghiera eucaristica o canone romano

Il canone romano ha un prefazio variabile. È una preghiera antica dallo stile ampio e maestoso, insiste più volte sull'unità dell'assemblea («noi tuoi ministri e tutta la tua famiglia»; nel IX secolo si aggiunsero nel primo «Ricordati» le parole «per loro ti offriamo, e» alle parole originali che dicevano «essi ti offrono per se stessi e per tutti i loro cari questo sacrificio di lode ... »). Sottolinea molto fortemente l'aspetto sacrificale dell'Eucaristia.

Sono due gli elementi caratteristici del canone romano: le due epiclesi, consacratori e di comunione, rispettivamente prima e dopo il racconto dell’istituzione; i due blocchi di intercessioni (con le due liste di santi), rispettivamente dopo il “Santo-Benedetto” e dopo l’epiclesi di comunione. La presenza delle due epiclesi e la particolare posizione del primo blocco delle intercessioni permettono di accostare il canone romano alle anafore del rito alessandrino (da Alessandria di Egitto), la cui formazione risale alla stessa epoca della formazione del canone romano.

Il formulario del canone romano, pur essendo fisso, ammette delle varianti. Ciò avviene regolarmente per il prefazio. Speciali varianti in altre parti del canone sono previste nel Messale Romano per determinate .circostanze (ricordo dei battezzati, degli sposi, ecc.).

La seconda preghiera eucaristica

La preghiera eucaristica seconda è una rielaborazione della anafora di sant'Ippolito Romano (235), facente parte della «Tradizione apostolica » composta presumibilmente da Ippolito Romano verso l'anno 215. È la più antica anafora di cui si trova testimonianza in Occidente. La preghiera eucaristica Il ha un prefazio proprio, che però può essere sostituito da altri prefazi, Pur nella sua semplicità ed estrema brevità, la preghiera eucaristica Il è ricca di contenuto teologico. Un posto centrale vi è occupato da Cristo e dalla sua opera di mediazione.

La terza preghiera eucaristica

Tra le nuove preghiere eucaristiche della liturgia romana la preghiera eucaristica terza è quella «in cui meglio si sono incontrati la tradizione romana e il riscoperto ideale di una preghiera eucaristica» È una composizione nuova, che si ispira al ricco patrimonio delle antiche preghiere eucaristiche, in particolare a quello dell'Occidente: «... è di media lunghezza, di struttura chiara, con passaggi di naturale immediatezza da una parte all'altra. La sua struttura e il suo stile, del tutto conforme a quello romano, la rendono utilizzabile con qualsiasi prefazio romano tradizionale e nuovo».

La quarta preghiera eucaristica

Anche la preghiera eucaristica quarta è una composizione nuova. Essa si ispira in particolare alle anafore orientali di tradizione antiochena. È caratterizzata dalla presenza di un prefazio proprio, che non può mai essere sostituito da altri prefazi. In questa preghiera eucaristica, infatti, esiste uno stretto legame tra il prefazio e il «dopo il Santo». Ambedue gli elementi, ai quali serve da buona cerniera il «Santo-Benedetto», costituiscono un'unica costruzione letteraria che ha come oggetto la storia della salvezza. Ne segue che questa preghiera eucaristica non può essere detta quando la Messa che si celebra ha già un suo prefazio proprio (non «del tempo»).

La preghiera eucaristica quarta si distingue dalle altre preghiere eucaristiche per la ricchezza biblico-teologica del linguaggio. Alcune sue espressioni hanno un sapore strettamente giovanneo. Essa inoltre evidenzia alcuni valori umani e cristiani fondamentali, messi in risalto dal Concilio Vaticano II, per esempio, l’amore di Dio per gli uomini, la visione positiva del mondo, la dimensione cosmico-antropologica della religione.

La quinta preghiera eucaristica

Si chiama così la preghiera eucaristica approvata prima, nel 1974, per la Svizzera, in occasione del suo sinodo, e poi, nel 1980, per l’Italia. Essa ora trova posto nell’appendice della seconda edizione italiana del Messale romano.

Questa nuova preghiera eucaristica svolge il tema biblico della “via”: la “via” su cui l’umanità ha come compagno di cammino il Signore.

Vi sono poi altre preghiere eucaristiche per occasioni diverse come quella della riconciliazione, o  per le Messe con la partecipazione dei fanciulli.

 

A proposito di ciò, nei commenti sulla Redemptionisi Sacramentum i Vescovi avvertono:

 

 2. La Preghiera eucaristica

 

[51.] Si usino soltanto le Preghiere eucaristiche che si trovano nel Messale Romano o legittimamente approvate dalla Sede Apostolica secondo i modi e i termini da essa definiti. «Non si può tollerare che alcuni Sacerdoti si arroghino il diritto di comporre preghiere eucaristiche» [129] o modificare il testo di quelle approvate dalla Chiesa,né adottarne altre composte da privati.[130]

 

[52.] La recita della Preghiera eucaristica, che per sua stessa natura è come il culmine dell’intera celebrazione, è propria del Sacerdote, in forza della sua ordinazione. È, pertanto, un abuso far sì che alcune parti della Preghiera eucaristica siano recitate da un Diacono, da un ministro laico oppure da uno solo o da tutti i fedeli insieme. La Preghiera eucaristica deve, dunque, essere interamente recitata dal solo Sacerdote.[131]

 

[53.] (Come già detto in precedenza, durante la Preghiera eucaristica,«non si sovrappongano altre orazioni o canti, e … gli  strumenti musicali tacciano», salvo che per le acclamazioni del popolo …)

 

[54.] Il popolo, tuttavia, prende parte sempre attivamente e mai in modo meramente passivo:al Sacerdote«si associ con fede e in silenzio, ed anche con gli interventi stabiliti nel corso della Preghiera eucaristica, quali sono le risposte nel dialogo del Prefazio, il Santo, l’acclamazione dopo la consacrazione e l’Amen dopo la dossologia finale, ed altre acclamazioni approvate dalla Conferenza dei Vescovi e confermate dalla Santa Sede».[133]

 

[55.] In alcuni luoghi è invalso l’abuso per cui il Sacerdote spezza l’ostia al momento della consacrazione durante la celebrazione della santa Messa. Tale abuso si compie, però, contro la tradizione della Chiesa e va riprovato e molto urgentemente corretto.

 

[56.] Non si ometta nella Preghiera eucaristica il ricordo del nome del Sommo Pontefice e del Vescovo diocesano, per conservare un’antichissima tradizione e manifestare la comunione ecclesiale. Infatti, «lo stesso radunarsi insieme della comunità eucaristica è anche comunione con il proprio Vescovo e con il Romano Pontefice».[134]