RADICI CRISTIANE

di Massimo Craboledda

Strettamente connesso alla dignità della persona, di cui abbiamo trattato il mese scorso, è il diritto di ogni uomo all’esercizio della libertà e a vedersi, in se stesso, riconosciuto come essere libero e responsabile. Già lo abbiamo osservato, ma giova ripeterlo: è grazie alla matrice cristiana, all’anima cristiana dell’Europa se questo valore ha potuto, pur attraverso un cammino lento e a tratti tortuoso, radicarsi e diffondersi. Per trovare nella storia le tracce delle lotte civili per la sua conquista non occorre riandare ai servi della gleba, alla tratta degli schiavi o alle monarchie assolute: il secolo scorso ha conosciuto innumerevoli martiri che hanno versato il sangue per questo ideale. Ma se ci chiediamo da quale ispirazione, primariamente, traggano origine la forza e le motivazioni per perseguirlo, ecco ancora davanti a noi l’antica e perenne Sapienza che ci dice dell’uomo creato da Dio come persona capace dell’iniziativa e della padronanza dei propri atti, dotata, in altri termini, di libero arbitrio. Proprio perché immagine di Dio l’uomo ha il diritto naturale, insopprimibile ed inalienabile, alla libertà ed è chiamato ad esercitarlo tramite ragione e volontà. Ed è la ragione a dirci che questa libertà non è assoluta, nel senso che sia lecito fare qualunque cosa; se non per altro, almeno perché la libertà individuale finisce dove comincia quella del proprio vicino.

L’origine della libertà ne suggerisce anche il fine. Essa è stata data all’uomo come mezzo indispensabile di crescita e di maturazione della personalità, in modo che egli "cerchi spontaneamente il suo Creatore e giunga liberamente, con l’adesione a lui, alla piena e beata perfezione" (Gaudium et Spes, 17). La libertà raggiunge, dunque, il suo fine quando è orientata a Dio, al servizio del bene.

Come potremmo, però, parlare di libertà se il male commesso pesasse inesorabilmente su di noi tenendoci avvinti e se la morte avesse l’ultima parola sulla nostra vita? In una condizione così tragica la libertà non avrebbe che un significato del tutto relativo, quando non puramente illusorio. Ma l’intervento nella storia del Cristo, il Figlio di Dio, con la Sua vita, il Suo insegnamento e, soprattutto, la Sua morte e risurrezione è volto proprio a ridonare agli uomini quella libertà dal peccato e dalla morte di cui essi si sono stoltamente privati. "Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi" scrive S. Paolo ai Galati (Gal 5,1). Inoltre, poiché il Cristo è la Verità, risulta inscindibile il legame libertà-verità, secondo la Sua stessa parola riferita da Giovanni: "Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete veramente miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (Gv 8,32). Lontano dalla verità non può esserci libertà: chi compie il male usa del libero arbitrio per incatenarsi in una schiavitù più grande, poiché compie ciò che è contrario alla propria vera natura ed al fine del suo esistere. Coloro che riconoscono in Cristo l’unico e vero Signore del tempo e della storia sanno bene che la Sua è l’unica signoria che non rende schiavi, non temono che alcuna rinuncia risulti in una menomazione della loro libertà e sono certi che nulla e nessuno potrà mai aspirare, nella giustizia, a renderli sudditi. Essi, in una parola, preannunciano la "libertà della gloria dei figli di Dio" (Rm 8,21).

Qualcuno penserà, forse, che stiamo volando un po’ alto e che la libertà ha, nella vita di tutti i giorni, specialmente per una buona parte dell’umanità, aspetti piuttosto legati all’affrancamento dalla povertà e da ogni altra oppressione. ? vero che le condizioni economiche e sociali, politiche e culturali necessarie per un retto esercizio della libertà sono spesso misconosciute o violate, ma se, per sanare doverosamente queste situazioni, rinunciamo allo sguardo più alto che ci dà l’orientamento cristiano, è molto facile che la libertà conquistata degeneri in un totalitarismo che ne è la negazione o in un libertarismo vuoto di senso e privo di valori. Le vicende storiche del secolo scorso ne danno eloquente testimonianza. Quanti regimi hanno promesso libertà, uguaglianza, paradiso in terra e si sono rivelati brutali tirannidi! O quanti hanno delirato in scalmanate manifestazioni di piazza, proclamando "vietato vietare!", senza capire che una libertà di questo tipo, senza regole, è un contenitore vuoto che si presta solo ad essere riempito dagli interessi economici più forti? Il rischio della mancanza di ideali è proprio il rifugiarsi in un edonismo senza principi o il vivere un utilitarismo senza prospettive, facili prede di strumentalizzazioni.

La vera libertà non teme le regole, anzi se ne nutre. I dieci comandamenti non limitano la libertà del cristiano (che può aderirvi o meno) ma sono la bussola per impedirgli di fallire il senso della vita. Sono parole liberatrici che dettano le condizioni di una vita affrancata dalla schiavitù del male. Io, poi, sono libero di mettere nel serbatoio della mia auto acqua fresca anziché benzina, per non sottostare ai capricci del mercato del petrolio, ma se il motore non parte non potrò prendermela con i meccanici che l’hanno costruito. Così vi è un nesso inscindibile fra libertà e responsabilità, non si dà l’una senza l’altra: se l’uomo non fosse responsabile delle azioni che volontariamente compie non sarebbe nemmeno passibile di giudizio morale.

La possibilità di scegliere fra il bene e il male, la possibilità inaudita che una creatura rinneghi o rifiuti il suo Creatore: a tanto arriva il rispetto di Dio per l’uomo! Abbiamo una libertà grande ed una grande responsabilità. Ci sarebbe da tremare se non fossimo certi che il Signore ci offre il Suo Spirito con i Suoi doni preziosi perché la nostra libertà non sia mai disgiunta dall’umile obbedienza alla Sua volontà.