LE APPARIZIONI MARIANE

CON MARIA …


di Massimo Craboledda

 

 

Il santuario della Madonna del Fonte presso Caravaggio, in provincia di Bergamo, è uno dei luoghi mariani più conosciuti e visitati del nostro Paese. Pellegrini giungono, senza interruzione, in questo insigne tempio, grandioso complesso architettonico, vero scrigno d’arte, che sorge al centro di una vasta spianata circondata da portici. Uno splendido viale, lungo quasi due chilometri, fra lussureggianti filari di ippocastani, raccorda il santuario alla città. Luogo di intensa spiritualità, luogo di grazie, deve la sua origine ad un’apparizione della Madonna, avvenuta nel 1432. La chiesa attuale, costruita nel tardo ‘500 per impulso di S. Carlo Borromeo, sostituì quella edificata, con il pieno consenso del vescovo di Cremona, subito dopo l’apparizione.

         Erano, quelli, anni difficili per la gente di Caravaggio, al confine fra il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia. La loro terra era contesa: entrarne in possesso significava, infatti, controllare in campo militare ed economico l’importante regione di Bergamo e Cremona. Ne conseguivano lotte sanguinose, saccheggi, scorribande di compagnie di ventura.

         Conosciamo i particolari dell’apparizione della Vergine da una pergamena, che ne costituisce il più antico racconto, custodita presso il santuario. La sera del 26 Maggio una giovane contadina, Giannetta de Vacchi, sposa poco felice di tal Francesco de Varoli, si trovava fuori del borgo ad affastellare erba per i suoi animali. La donna, ben conosciuta per la fede semplice e forte che le permetteva di sopportare un marito ubriacone e, non di rado, violento, vide all’improvviso venire verso di sé (cediamo la parola al cronista) “una matrona bellissima e ammirabile, di alta statura, dal viso grazioso e dall’aspetto venerando, di un atteggiamento ineffabile…vestita di color viola e il capo coperto di un bianco velo”. Dopo averla invitata ad inginocchiarsi, Maria le disse: “Ascolta e ricorda le mie parole. Voglio che riferisca ovunque possa giungere la mia voce e a quelli cui non potrai direttamente, indichi per mezzo di altri”. Due grosse lacrime scendevano dagli occhi della Madonna; Giannetta dirà, poi, che erano lucidissime e parevano gocce d’oro. La Vergine proseguì: “Intendeva l’Altissimo mio Figlio, Onnipotente, distruggere a fondo questo globo terrestre per la nequizia degli uomini che sempre nuove scelleraggini commettono e precipitano di peccato in peccato; ma io per i delitti dei miseri ho innalzato preghiere allo stesso mio Figlio supplicandolo per sette anni. Voglio che tu dica a tutti e a ciascuno di digiunare a pane e acqua ogni venerdì in onore dello stesso mio Figlio e di festeggiare per mia devozione il vespro del sabato. Devono infatti dedicarmi quel pomeriggio per tanti e sì grandi beni che per me hanno ottenuto dal Figlio mio”. E a Giannetta che temeva di non essere creduta replicò: “Alzati e non temere e riferisci ciò che ti ho comandato; e quanto dirai sarà comprovato da tali meraviglie che nessuno dubiterà della verità delle tue parole”.

         I prodigi non tardarono. I primi fedeli che credettero a Giannetta trovarono, nel luogo ove si era posata Maria, una sorgente, mai vista prima, che si rivelò taumaturgica per molti malati che vi si bagnavano con fede. L’acqua sgorga ancora da quella fonte (racchiusa, oggi, nella cripta del santuario, proprio sotto l’altare maggiore) e zampilla in una vasca dalla quale si può attingere; defluisce, quindi, all’esterno alimentando una piscina alla quale accorrono gli infermi. Il segno dell’acqua, dunque, come a Lourdes; un segno battesimale che parla di rinnovamento, di freschezza spirituale, di arsura placata, di vita. Le migliaia di ex voto sono la testimonianza della fede di quasi sei secoli ed il racconto delle sovrabbondanti grazie che Maria ottiene dal Signore.

         Giannetta prese molto sul serio la missione affidatale dalla Madonna. Non solo fu ambasciatrice presso i suoi concittadini, ma riuscì a farsi ricevere da Filippo Maria Visconti, signore di Milano, e dal doge di Venezia, Francesco Foscari, per sollecitarli alla concordia in nome della Vergine. Di fatto, l’anno seguente, fra Milano e Venezia fu stipulato un trattato di pace. Anche la divisione dei cristiani era motivo di ansia e di contese. Giannetta ottenne di essere accompagnata a Costantinopoli su una galera della flotta veneziana e si presentò all’imperatore d’Oriente Giovanni Paleologo. L’intervento di quest’ultimo sarà decisivo per il buon esito del Concilio di Firenze (1438) che doveva sancire il ritorno, purtroppo rimasto poi lettera morta, dei Greci all’unità con la Chiesa di Roma. Dunque una povera contadina, tribolata nella vita familiare, non teme di presentarsi ai potenti a parlare di pace e riconciliazione. Sentiamo riecheggiare il senso di tante pagine bibliche: il Signore si serve di ciò che nel mondo è umile e debole per confondere i forti e realizzare i suoi progetti. Davvero cose grandi e impensabili Egli può operare nell’uomo! Ci è soltanto richiesto di fidarci della sua Parola.

         Ma torniamo al messaggio di Maria. Come in molte altre apparizioni, Essa richiama il mondo alla conversione. A Caravaggio la Vergine ci apre uno squarcio della vita dei cieli: davanti alla giustizia divina Ella si mostra nella sua missione di madre e avvocata che intercede perennemente per la nostra salvezza. E’ grande la sua influenza sul Cuore del Figlio e tuttavia Essa ha pur bisogno, per stornare i castighi che incombono sugli uomini, che ci sia un risveglio di penitenza e di preghiera. La sua richiesta sembra avere un’urgenza particolare: occorre che il messaggio sia diffuso il più possibile e che quanti ne sono raggiunti se ne facciano, a loro volta, diffusori.

         Quale penitenza, Maria invita al digiuno a pane ed acqua il venerdì in onore di Gesù e, come preghiera, chiede di essere onorata in modo particolare nel giorno di sabato. Sono richieste che torneranno anche in apparizioni recenti; a Fatima Maria legherà al sabato una delle sue più consolanti promesse. E’ evidente che Essa non chiede nulla per sé. L’onore che possiamo darle è poca cosa in rapporto alla sua gloria celeste, ma serve a noi, a strutturare nella verità il nostro atteggiamento, a farci coscienti dei doni che riceviamo, ad innalzarci nella preghiera.

         Quanto al digiuno, si tratta di una delle più antiche e praticate forme di rinuncia. Gesù stesso ha digiunato (Mt 4,2) e ha raccomandato di farlo senza ostentazione (Mt 6,16), lo ha additato agli “amici dello Sposo” quando lo Sposo sarebbe stato loro tolto (Mt 9,15), lo ha indicato come unico mezzo, insieme alla preghiera, per scacciare certe specie di demoni (Mc 9,29). Stante la delicatezza dell’argomento, la Chiesa, nella sua preoccupazione pastorale, ha ritenuto di limitarne l’obbligo (e in forma molto più mite del solo pane ed acqua) al Mercoledì delle Ceneri e al Venerdì Santo, lasciando ogni altra decisione alla libera volontà, guidata dalla saggezza dei direttori spirituali. Digiunare non vuole dire, primariamente, castigare se stessi, ma liberare se stessi: la Chiesa, e con lei Maria in tante apparizioni, chiama, innanzitutto, al digiuno dal peccato e da tutto quello che ha creato in noi una dipendenza.

         Dopo seicento anni il messaggio della Madonna a Caravaggio conserva una straordinaria attualità. Poiché non abbiamo ragioni per pensare di essere migliori dei nostri padri, possiamo essere certi che Maria, con la sua intercessione, storna anche da noi tanti mali. Converrà, allora, prendere sul serio i suoi moniti e, nell’onorare il Figlio, non dimenticare l’immenso debito di riconoscenza che abbiamo verso di Lei.