LA PARROCCHIA NEL MONDO CHE CAMBIA

 

di Massimo Craboledda

«La vita della parrocchia ha il suo centro nel giorno del Signore e l’Eucaristia è il cuore della domenica»: così i Vescovi in “Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia. Non vi sono mezzi più efficaci: la possibilità di rinnovamento della parrocchia, la sua forza evangelizzatrice, la carità per andare incontro ad ogni uomo, la capacità di comprendere i cambiamenti in atto nella società senza subirli passivamente derivano dal suo riunirsi settimanale attorno alla mensa della Parola e del Corpo di Gesù. Questo incontro è la vera fonte della gioia e la gioia del Signore è la nostra forza. Potrà mai un cristiano, senza di essa, sacrificarsi, impegnarsi per i fratelli, adoperarsi a costruire con la propria fame e sete di giustizia un mondo di maggiore bontà e di più condivisa verità? Vi sono, però, condizioni perché la liturgia realizzi in noi ciò a cui è ordinata e ci dia, quindi, gioia: occorre che essa sia preparata.

         In Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia (n°49) i Vescovi riconoscono che ?nonostante i tantissimi benefici apportati alla riforma liturgica dal concilio Vaticano II, spesso uno dei problemi più difficili oggi è proprio la trasmissione del vero senso della liturgia cristiana^. La prima condizione, dunque, per vivere veramente il mistero eucaristico è rinnovare la fede nell’evento che in esso accade: ogni volta che si celebra la S. Messa si compie l’opera della nostra redenzione. Non si tratta, quindi, del semplice fare memoria di un avvenimento del passato. L’intero Triduo Pasquale «è come raccolto, anticipato e «concentrato» per sempre nel dono eucaristico. In questo dono Gesù Cristo consegnava alla Chiesa l’attualizzazione perenne del mistero pasquale. Con esso istituiva una misteriosa “contemporaneità” tra quel Triduum e lo scorrere di tutti i secoli» (Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, 5).

         Senza la comprensione profonda della liturgia come un fatto che accade, un evento che succede, in particolare proprio per chi è presente a celebrarla, l’essere, cioè, guariti, giustificati, redenti, è impossibile trarne gioia. Prosegue Giovanni Paolo II nell’enciclica citata: «C’è, nell’evento pasquale e nell’Eucaristia che lo attualizza nei secoli, una “capienza” davvero enorme, nella quale l’intera storia è contenuta, come destinataria della grazia della redenzione. Questo stupore deve invadere sempre la Chiesa raccolta nella celebrazione eucaristica».

         Altra condizione fondamentale è accogliere come Parola di Dio, quale sono realmente, le letture che vengono proclamate. Una Parola viva, che Dio stesso, presente, pronuncia per tutti e per ciascuno singolarmente, Parola che possiede efficacia creatrice e trasformante per chi ne fa la propria guida. Si deve constatare che spesso siamo lontani da una vera adorazione della Parola. Anche in questo caso non si tratta, infatti, del semplice riascoltare antichi testi già noti, ma di vivere l’evento di Dio che, mosso solo da amore, si rivela a noi e svela ciò che è importante oggi per la nostra vita. Quella Parola che, all’ascoltatore distratto, può apparire ripetitiva si realizza ogni volta in forma nuova e concreta, con ricchezza inesauribile, per chi, invece, l’accoglie con umiltà dalle labbra di Dio. La familiarità con la Sacra Scrittura è di insostituibile importanza per alimentare in noi la percezione della realtà dell’Eucaristia, realtà così grande e pur così velata alla nostra mente e nascosta agli occhi del nostro corpo.

         Leggere e meditare le letture, accostandole in un clima di preghiera prima della celebrazione in cui verranno proclamate, è di grande aiuto per entrare con lo spirito aperto e preparato nella celebrazione stessa. La Parola, infatti, caratterizza la liturgia e dev’essere compresa sia nella dimensione comunitaria sia in quella più strettamente personale: chi sono io in questa pagina del Vangelo? Qual è il mio posto?

Sarebbero ben utili, in questo senso, i centri di ascolto della Parola del Signore la cui costituzione Don Carlo propose un paio di anni fa alla nostra parrocchia. È un’iniziativa che, inutile nasconderlo, ha incontrato molte difficoltà, ma che varrebbe la pena di rivitalizzare.

         Si alimenta in tal modo il rapporto personale col Signore, altra condizione necessaria per una liturgia che dia gioia. Si fortifica la fede nella presenza di Lui risorto e di tutto il Suo Corpo mistico: della Madre di Dio, degli angeli, dei Santi si fa memoria nella preghiera eucaristica non solo per invocarne l’intercessione, ma perché certi della loro presenza e volontà di unirsi alla nostra lode e al Sacrificio che offriamo. Nella fede ogni barriera viene abbattuta: davvero la Messa ha un respiro universale!

         Questi punti riguardano la preparazione personale, interiore alla liturgia; non devono, però, essere trascurati altri aspetti che nell’insieme concorrono al decoro della celebrazione. Occorrono molte attenzioni, molte collaborazioni ed è bello che tanti partecipino, secondo la propria sensibilità e disponibilità, mettendo energie e capacità al servizio della gioia di tutti. Dal tenere in ordine la chiesa, le vesti liturgiche e gli arredi sacri all’attenzione per i fiori, le luci, i microfoni; dalla prova ed esecuzione dei canti alla preparazione dei lettori e dei ministranti: tutto dev’essere fatto con cura ed amore alla verità dei segni e dei riti perché in tutto risplenda la bellezza del sacro convito e per tutti sia più facile incontrare e riconoscere il Signore.