Democrazie Umane e Diritti Democratici

Pacchetto Democrazia+Diritti Umani pronti all’esportazione

di Francesca Citossi

È uscito l’ultimo dossier di Amnesty International che indaga sul mancato rispetto dei Diritti Umani nel mondo.

Non è più una sorpresa ma all’opinione  pubblica raramente viene convogliato il messaggio fondamentale di questi allarmi.

I Diritti Umani fondamentali non vengono violati da sempre in paesi lontani, oscuri, poveri, irrimediabilmente violenti e destinati alla perdizione perenne. Vengono violati a casa nostra, da noi che siamo democratici.

L’esportazione della democrazia è un’ossessione che ci attanaglia da svariati decenni. Negli anni del Dopoguerra, e soprattutto con l’ondata di indipendenze negli Anni Sessanta, il concetto di “autodeterminazione dei popoli” volutamente limitativo si è progressivamente eroso a favore dell’indipendentismo preso a braccetto da uno spirito di paternalismo nei confronti delle nuove democrazie. L’occhio occidentale è rimasto puntato su questi paesi che dal crollo del Muro di Berlino nel 1989 ha resuscitato i Diritti Umani e li ha presi a misura e pretesto della democrazia e degli interventi per instaurarla.

In questi anni i pesi e le misure non sono stati né uguali né incorruttibili.

Ci siamo sollevati in massa guardando le immagini di Piazza Tien An Men, puntando il dito contro una Cina monolita e intollerante. Poco tempo dopo ci siamo accorti che quello è un grande mercato, che forse i Cinesi non sono poi così cattivi se comprano e che il nostro problema fondamentale con la Cina ora è il fatto che il costo del lavoro è inferiore (perché violano i Diritti Umani), sono più competitivi e quindi ci stanno sgomitando fuori dal mercato.

Mentre da un lato ci impressionano i machete africani, gli stupri etnici balcanici e i burkha afgani sviluppiamo una straordinaria fraterna miopia domiciliare.

Ergersi ad insegnanti si sa, è molto pericoloso. Soprattutto quando la materia è controversa. Bisogna essere sicuri di quel che si fa e di quel che si dice prima di poter bacchettare le altrui scorrettezze.

L’Italia, per la prima volta da quando è una democrazia, ha ammesso gli osservatori elettorali internazionali alle elezioni politiche nell’aprile 2006. Per far questo ha dovuto modificare la propria legge elettorale - molti presidenti di seggio non erano informati e proibivano l’accesso agli osservatori internazionali invitati dal Governo italiano. Da un quindicennio gli esperti italiani vanno all’estero a scrivere i loro rapporti sullo svolgimento più o meno democratico delle elezioni e prima ancora l’Italia era stata tutore della Somalia negli Anni Sessanta per la transizione dopo l’indipendenza.

Di routine rimangono, invece, le condanne di Bruxelles per la lunghezza cronica dei nostri processi che lasciano le persone nel limbo per svariati anni, le condizioni di trattamento degli immigrati clandestini nei Centri di prima Accoglienza, certe operazioni delle Forze dell’ordine oppure il rifiuto al Diritto d’asilo al rifugiato politico che rischia la vita se respinto alle autorità nazionali.

La caratteristica dei Diritti Umani è che buono o cattivo, illegale o meno, tutti hanno diritto a che siano rispettati. Gli accertamenti civili e penali non decadono assolutamente, semplicemente si assicura a tutte le persone un trattamento umano e dignitoso.

Un aspetto pedagogico fondamentale è il buon esempio. Se il Consiglio d’Europa invia i propri team a verificare le condizioni di vita nelle carceri sarà opportuno che gli immigrati clandestini condannati in giudizio siano trattati umanamente e non pestati a sangue nelle nostre carceri.

L’astigmatismo democratico non pasteggia solo con pizza e mandolino. I pestaggi, i processi non equi e gli abusi abbondano un po’ in tutti i paesi che si considerano democratici. La responsabilità comune non decurta la colpa individuale ma induce ad un paio di riflessioni.

Innanzitutto l’idea che focalizzare all’esterno i difetti che abbiamo in casa forse è un’abile scorciatoia per non mettersi in discussione e continuare col modello di superiorità. Finché ci stracciamo le vesti perché gli uomini afgani impongono il burkha alle loro mogli avremo meno tempo per concentrarci sull’impressionante numero di violenze domestiche fra di noi.

La seconda riflessione è molto banale: la Democrazia e i Diritti Umani si costruiscono poco alla volta, pezzo per pezzo, con piccoli gesti quotidiani e la convinzione volontaria di tutti, non si possono esportare con le patate fritte, i jeans e la Coca-Cola. Avere tanti cellulari e un’elevata produzione non significa quasi mai avere un livello medio di Sviluppo Umano accettabile; quest’ultimo si misura dal livello di vita del nostro concittadino più indigente. Quel che si può esportare è la cortesia di non dare del “tu” ad uno straniero perché tale o fare domande indiscrete, non usare stereotipi e ignoranze per categorizzare il diverso e ributtarlo, letteralmente, a mare perché tanto viene qui a rubare e a spacciare. Alcuni rubano e spacciano si, ma rubiamo e spacciamo anche noi, mettendo in piedi le strutture nelle quali poi li assorbiamo dopo che la nostra malavita li ha convogliati sulle nostre coste a peso d’oro prosciugando le loro povere tasche.

I Vu’ Cumprà sono spesso laureati e, dopo aver mandato un po’ di soldi a casa, là vogliono tornare. Gli immigrati pakistani tengono gli alimentari aperti fino a tardi e lavorano più degli altri senza fare proselitismo religioso. Le signore che vengono dall’est ad accudire i nostri vecchi e malati lasciano i figli a cui vogliono pagare gli studi.

Non avere lavoro, averne uno in nero, illegale o precario, vivere ammassati in baracche ed essere emarginati non fa piacere a nessuno.

Infine, la verità, diceva Manzoni, sta sempre in mezzo. Se le condizioni di accoglienza e l’esempio fossero migliori forse l’illegalità immigrata e le democrazie disumane all’estero sarebbero diverse. 

L’aspetto più sconcertante è che ogni paese si dichiara democratico e rispettoso dei diritti umani, ogni dittatore omicida giustifica le sue azioni col bene supremo. Il trattamento umano e dignitoso non è un’opinione, non varia nel tempo e nello spazio o a seconda del contesto.

La contestualizzazione culturale non abiura il diritto naturale iscritto nel cuore di ogni essere umano, a prescindere dalle leggi in vigore.

Se siamo una Democrazia che rispetta i Diritti Umani non c’è bisogno di dircelo-si vede dai fatti.