EDUCAZIONE: Amore al destino dell’altro

A cura di Giovanna Corazza

 

Mille volte ho ascoltato lezioni, riflessioni sulla carità, ma la fragilità umana e le distrazioni continue, spesso allontanano dal nucleo della questione. Leggevo l’altro giorno una lezione che Don Giussani faceva sulla carità e ho pensato di proporvela.

Subito dopo, quasi a suggello della lezione, una testimonianza di vita vera, ci fa capire che le parole possono diventare realtà concreta di vita vissuta. La lettera di  Michela evidenzia il frutto di un cuore che si è lasciato educare.

 

«Carità deriva dal greco charis, che vuol dire gratis o gratuità. La Carità, dunque, richiama la forma suprema  dell’espressione amorosa. La gratuità – da cui è bandito ogni  calcolo, ogni attesa di ricompensa, ogni previsione di tornaconto – implica la totale assenza di “ragioni” che la ragione capisce, che la ragione spiega. La carità implica l’assenza di ragioni, cioè di tornaconto, di calcolo, di proporzionalità ad attese: un ritorno, insomma. La ragione di un’azione è il ritorno che l’azione ha. È un ritorno:facendo quella azione, guadagno i soldi al ventisette del mese; dando soldi a questo qui, ho come ritorno il suo attaccamento a me, di cui sento il bisogno come affezione o di cui sento il bisogno come collaborazione a qualche cosa.

Ecco, la carità abolisce totalmente - nel senso assoluto del termine – ogni ritorno. Vale a dire: la carità agisce per puro amore, solo per  amore.

Solo per amore? Agisce per amore anche uno che dà i soldi ad un altro calcolando un ritorno; la carità agisce per puro amore, nel senso che: dato, fatto. Dato, fatto; non c’è più nessuna aggiunta, non c’è più nessuna appendice.

Quello non mi riconosce? Non c’entra, lo faccio lo stesso. E, infatti, cos’è l’amore se non voler il bene dell’altro? Non per avere qualche cosa io, ma per il bene dell’altro, e il bene dell’altro è il rapporto con il  suo destino. Il rapporto col suo destino è il rapporto con una Presenza, perché il suo destino è diventato uno che cammina per le strade, che prende i bambini in braccio, che guarda la società e piange dall’alto della collina,  che vien preso per un malfattore, e l’assassino è liberato e lui è crocifisso.

La carità è amore puro – si dice – si esaurisce nel volere il bene dell’altro ed è il bene-bene che vuole dell’altro, cioè il suo destino, cioè il suo rapporto con Cristo [….].

La carità è sostenuta anch’essa da una ragione, perché se non fosse sostenuta da una ragione, sarebbe irragionevole; è un gesto umano la carità, se non fosse sostenuta dalla ragione sarebbe irragionevole. Ma la ragione che sostiene la carità è totalmente ed esclusivamente l’oggetto dell’amore, l’oggetto autentico dell’amore. L’oggetto autentico dell’amore cos’è? Il bene dell’altro, il destino dell’altro, perciò il suo rapporto con Cristo. La ragione della carità, cioè della gratuità, è solo questa, che è la ragione più umana che esista, perché i calcoli li può fare anche la bestia». ( L. Giussani in Si può vivere così?- BUR Rizzoli )

 

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Massimo, il duro

 

Da un paio di mesi Eros è venuto  a vivere con noi. La nostra casa non è grande e ha un solo bagno, perciò all’arrivo di Eros uno dei miei figli è andato a dormire al piano di sopra con il nonno. Domenica 10 marzo Eros ci telefona disperato, perché un suo amico in grande difficoltà non ha un posto dove stare e ci chiede di poterlo portare da noi. Siamo rimasti sconcertati, ci sembrava di essere già abbastanza. A quel punto io e mio marito ci siamo detti che nulla capita a caso e tutto è per noi, perciò abbiamo accettato. Massimo è arrivato: sguardo duro e diffidente, una grande rabbia dentro e il desiderio di prendersi la sua vita, come dice lui. Ha bisogno di rimanere un giorno o due per organizzare la sua partenza per Asti, dove lo ospiterà uno zio. Ha raccontato di sé, una storia di dolore, violenza e spesso solitudine.

Noi abbiamo messo a disposizione ciò che abbiamo con il desiderio di essere per lui una compagnia rispettosa della sua persona, che possa costituire quel punto di positività da cui ripartire. Ci siamo sentiti inadeguati al compito, ma questo ha fatto sì che chiedessimo disperatamene al Signore che fosse lui ad agire. Il giorno prima di partire, inaspettatamente mi guarda e dice:

“Michela, adesso che me ne vado, come faccio senza di voi? Non so cosa mi sia capitato, sono arrivato qui, per voi ero un estraneo e voi mi avete dato un letto e avete messo vostro figlio a dormire sul divano. In questa settimana mi sono sentito a mio agio come non mi ero mai sentito in vita mia. Mi sono tinto i capelli, ho fatto i piercing, ma voi mi volete bene lo stesso. Uno con voi è veramente libero di essere quello che è senza il timore di essere guardato in modo diverso. Per la prima volta mi sono sentito importante per qualcuno. Non so cosa mi è successo, dico cose che non ho mai detto e riesco a guardarmi intorno con positività, posso dire positività? All’inizio mi aveva insospettito la vostra diversità. Ma voi di che religione siete?”.

Ho risposto che siamo cattolici e lui “Ma i cattolici non sono come voi, voi siete speciali”. Gli racconto del movimento, di don Giussani e di come ha cominciato proprio con dei ragazzi come lui, perché don Giussani ha una grande passione per i ragazzi e per la persona in quanto  tale. Lui mi fa: “Mi sembrava che c’era qualcosa di diverso!”. Gli dico: “Se mi prometti di leggerlo, ti regalo un libro dal titolo Comunione e Liberazione. Le origini; mi ha risposto che lo prendeva volentieri e che, poi, se mentre lo leggeva fosse stato in difficoltà, mi avrebbe telefonato.

Durante questo colloquio era presente anche Eros che ha cominciato a raccontare di sé  e di come non si perdona gravi errori commessi. Allora Massimo lo affronta dicendo: «Smettila di farti così male, che diritto hai tu di non perdonarti, ti ricordi cosa ha detto Cristo sulla croce? A un certo punto ha urlato: “Dio mio, perché mi hai abbandonato?”».

A questo punto lo guardo e dico: «Massimo, ciò che è accaduto non dipende da me o da te. Trovarmi di fronte a te mi ha fatto sentire talmente inadeguata che in questi giorni non ho fatto che pregare perché Cristo, che ti ha portato sulla nostra strada, muovesse lui le fila di tutto nel breve tempo che avevamo a disposizione. Poi sappi che io non sono sola, sono accompagnata passo passo in questa vicenda, come in tutte le vicende della mia vita, da persone che mi guardano esattamente come tu ti sei sentito guardato da me». Mi risponde: «Si, mi sono accorto che con voi i problemi si affrontano insieme e hanno comunque sempre un positivo».

Gli dico che questo è il metodo semplice con cui Cristo ha incontrato i primi che lo hanno seguito e continua a incontrare attraverso una compagnia umana presente: la Chiesa.

Michela, Modena

 

(Testimonianza tratta dal libro” Caro Don Giussani Dieci Anni di lettere a un padre - a cura di Davide Perillo)