Le radici della scienza

 

di Annetta Ventura

 

La prima teoria organica sull’evoluzione, apparve in Francia, quando, all’inizio del XIX secolo, Jean Baptiste Lamarck (1744-1829) si convinse che le specie viventi non erano immutabili. Lamarck sosteneva che le forme viventi semplici, si evolvessero verso forme più complesse, secondo le leggi dell’uso, e dell’ereditarietà dei caratteri acquisiti.

Nel 1809, pubblicò la teoria del trasformismo.

Nello stesso anno, oltre il Canale della Manica, in Inghilterra, nasceva Charles Darwin (1809-1882). Mentre si stava preparando per diventare pastore anglicano, accettò di imbarcarsi come naturalista, senza paga, sulla Beagle, un piccolo brigantino adibito alla ricerca scientifica, in partenza per una circumnavigazione del globo.

La leggenda vuole che Darwin scoprisse l’evoluzione delle specie alle Galàpagos. Senz’altro si rese conto che, sulle tredici isole di quell’arcipelago del Pacifico, le tartarughe avevano carapaci differenti e che i fringuelli avevano abitudini alimentari e becchi diversi da isola ad isola, perché adattati a varie nicchie ecologiche.

Dopo cinque anni, al ritorno in patria, iniziò a lavorare sui diari e sul materiale raccolto e ne dedusse la sua teoria sull’evoluzione delle specie.

Circa negli stessi anni anche Alfred Russel Wallace, un naturalista inglese che viveva in Malesia, era arrivato alla conclusione che le specie si evolvessero per un processo naturale. Anche se meno noto, condividerà con Darwin la paternità della selezione naturale come agente principale dell’evoluzione.

Nel 1859, cinquant’anni dopo la pubblicazione della teoria di Lamarck, Darwin darà alle stampe L’evoluzione delle specie in mille e duecento copie, esaurite in un sol giorno.1

 

Questa conservazione di differenze, scriveva Darwin, e di variazioni individuali favorevoli, e la distruzione di quelle che sono dannose l’ho chiamata selezione naturale o sopravvivenza del più adatto.

Per Darwin le trasformazioni delle specie avvengono per mutazioni genetiche occasionali che possono rivelarsi vincenti per superare la selezione naturale.

La selezione risparmia infatti gli individui più idonei alla lotta per la vita.

Vittorino Andreoli specifica che il reale premio che la natura offre è la fecondità. Se ci sono due forme di vita, nel medesimo ambiente e con gli stessi bisogni, la specie più feconda prevale sull’altra.2

 

Tra biologi e teologi, soprattutto negli Stati Uniti, continua una disputa sulla concezione darwiniana dell’evoluzione, e la teoria di un progetto intelligente (Intelligent Design), che guida lo sviluppo della vita secondo le leggi della fisica.

Se per Darwin l’evoluzione è affidata al caso, nel progetto intelligente, teoria originata in ambienti evangelici americani, i parametri naturali adottati alla creazione guidano la materia verso il fine scelto dal Creatore.

La Bibbia parla di una dipendenza radicale di tutti gli esseri da Dio e di un disegno, ma non dice come si sia realizzato.3

La casualità, o la finalità di un progetto, non possono essere scientificamente provate.

Per questo la contrapposizione non arriverà facilmente ad una composizione.

In tutti c’è, poi, la tendenza a trarre, dagli stessi fatti e dalle stesse prove, conclusioni anche diametralmente opposte, secondo convincimenti e filosofia di vita personale.

Noto che, dice Gianfranco Ravasi, se c’è stata una combinazione casuale, i risultati sono stati complessissimi e molto sensati.  ...  Per il cristiano, Dio fa un progetto e dentro vi pone dei dinamismi verificabili anche dalla scienza.

D’altro canto, il premio Nobel James D. Watson scrive: Alcuni scienziati influenzati dalla religione trattano l’evoluzionismo come una semplice teoria. L’evoluzione è un dato di fatto, messa in dubbio solo da chi sceglie di negare l’evidenza, accantonare il buon senso e credere che alla conoscenza immutabile si arrivi solo con la Rivelazione 4.

L’evoluzione biologica è un dato di fatto 5 (la stessa espressione è stata usata da La civiltà cattolica), ma per gli scienziati galileiani non è scienza, perché non raggiunge il livello minimo di credibilità, non è mai stata descritta con formule matematiche, come è stato invece per l’evoluzione del cosmo. Inoltre le teorie evoluzionistiche devono ancora risolvere il mistero del periodo Cambriano, quando, in un tempo geologicamente breve, comparvero tutte le specie viventi che avrebbero popolato la Terra.3

Per il credente, scienza e rivelazione esprimono un’unica verità, che procede da Dio creatore, espressa con due linguaggi diversi: le formule matematiche e le parole.

E ‘La verità non può contraddire la verità’, come disse Leone XIII nell’enciclica Providentissimus Deus, in qualsiasi modo essa venga espressa.

 

Alcuni documenti della Chiesa si sono interessati dell’evoluzione biologica.

Il primo a scriverne fu Pio XII nell’enciclica Humani generis del 1950:

“Il magistero della Chiesa non proibisce che, in conformità all’attuale stato delle scienze e della teologia, sia oggetto di ricerche e discussioni, da parte dei competenti di tutti e due i campi, la dottrina dell’evoluzionismo in quanto cioè essa fa ricerche sull’origine del corpo umano, che proverrebbe da materia organica preesistente…”

Le parole usate denunciano l’età del documento e l’apertura al processo evolutivo biologico è più che cauta, ma da allora sono cresciute ormai tre generazioni di persone che sanno che l’evoluzione rappresenta un approfondimento della conoscenza umana su una scelta operata da Dio, all’interno del processo della creazione.

 

A questo proposito, Giovanni Paolo II , nel 1985, affermava che “non creano ostacoli una fede nella creazione rettamente compresa, e un insegnamento della evoluzione rettamente inteso: l’evoluzione infatti presuppone la creazione; la creazione si pone nella luce dell’evoluzione come un avvenimento che si estende nel tempo - come una ‘creatio continua’.”

Dio non fa le cose, osservava Teilhard de Chardin, fa che succedano.

Il papa riprenderà l’argomento nel 1996, parlando alla Pontificia Accademia delle Scienze: “Più che della teoria dell’evoluzione, conviene parlare delle teorie dell’evoluzione. Questa pluralità deriva da un lato dalle diverse filosofie alle quali si fa riferimento. Esistono pertanto letture materialistiche e letture spiritualistiche. Il giudizio qui è di competenza propria della filosofia e, ancora oltre, della teologia”.  

Papa Wojtyla sottolineava la necessità della distinzione, e non della contrapposizione, tra l’approccio scientifico a questo tema, e quello filosofico e teologico.

Se il compito dei teologi è cercare la verità attraverso lo spirito, quello degli scienziati è evitare che le loro scoperte diventino un sistema ideologico.

Lo scienziato che descrive come si è evoluto l’uomo, può magari individuare i segnali del passaggio dall’ominide all’uomo, attraverso le impronte di attività simboliche che rimandano ad una coscienza di sé. Ma quest’ultima appartiene al campo dell’analisi filosofica, che può cogliere l’idea di un progetto, diventa cioè religiosa. 6

 

Antonino Zichichi scrive: “Siamo l’unica forma di materia vivente dotata di Ragione. Per la cultura atea, la Ragione è il risultato dell'evoluzione biologica della specie umana. ...

La Ragione porta lo sviluppo culturale, la conquista del linguaggio, della logica, e della scienza.7 Per i credenti permette anche di decifrare la logica del creatore.

E proprio perché l’uomo possiede la ragione, non sembra essere il necessario e naturale fine di un’evoluzione puramente materialistica, di un’evoluzione senza la scelta di parametri naturali iniziali che diano alla materia le proprietà per raggiungere il traguardo stabilito dal Creatore.

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L’intento di questo breve itinerario nella scienza è stato quello di ripercorrere un tratto di cammino con chi condivide gli stessi principi della fede, nella certezza che, più spesso di quanto si vorrebbe, si convince solo chi è già convinto.


1 Darwin Julian Huxley; 2 ‘L’enigma della vita Vittorino Andreoli, Avvenire, 30/04/2006: 3 ‘Evoluzione e creazione, Mons. Fiorenzo Facchini, L’Osservatore Romano, 17/01/2006; 4 ‘In principio fu il Verbo o il Dna?James D. Watson (scopritore del DNA), Corriere della sera, 29/09/2005; 5 cfr. Scienza e fede: caso e progetto E. M. Carreira Pèrez, La civiltà Cattolica, 18/02/2006; 6 Mons. Gianfranco Ravasi, teologo; 7 Antonino Zichichi, fisico, Professore Ordinario, Università di Bologna, ‘Galilei divin uomo’, il Saggiatore, Milano 2001