LA VOCE DEL VESCOVO
di Maria Carla Papi
"Riflessioni sul Giorno del Signore"
Nota pastorale di S. E. il Card. Arcivescovo Giacomo Biffi
È lultimo articolo col quale si conclude questa rubrica. Sarà un po più lungo del solito, e me ne scuso, ma è necessario fare un breve riassunto e un commento sulle conclusioni e sul significato dellintero documento, nonché del messaggio intrinseco che il Cardinale Biffi ci ha lasciato su quello che per i cristiani è il giorno più importante: la domenica.
Nel corso di questi mesi abbiamo esaminato i cosiddetti cinque "miti" che il Card. Biffi ci ha sottoposto allattenzione. Prima di arrivare alla conclusione, vediamone di ricapitolare gli argomenti di questi miti, in modo tanto breve quanto, inevitabilmente, per rinfrescare i concetti.
Il carattere oppressivo della legge, che ci conduce a rivedere lidea che abbiamo delle leggi di Dio offerteci non come imposizione, ma come istruzioni per luso della nostra vita al fine di aderire al progetto originale del Padre che, in quanto tale, non può non volere il nostro bene.
Il culto di Dio come "alienazione", che è unidea non solo hegeliana, ma è anche di tanti cristiani. E se è giustificata e in fondo coerente per un Marx non credente non può esserlo per il cristiano, il quale sa che le vere alienazioni sono le offerte del mondo che, anziché liberarci, ci vincolano quelle sì molto più delle leggi di Dio.
Lo stato di "diaspora", idea che induce a credere che i cristiani, in quanto vivono e operano sparsi in mezzo ai non credenti ed in situazione diverse nel mondo, siano divisi, dimenticando la realtà di comunione data dal battesimo e lopera redentivia del Signore, morto e risorto per "per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi" (Gv 11,52)"
Lenfatizzazione della "comunità", concetto che identifica in genere il popolo ad esempio di un certo territorio parrocchiale, ma che beninteso non deve essere identificato come un gruppo di persone che hanno raggiunto una piena comunione. Questa idea di comunione, semmai, deve essere un fine, uno scopo: di fatto avverte Biffi - lo stato di comunione e di comunità "coincideranno solo nella Gerusalemme celeste". Se ci si illude di essere già in comunione, basta pensare che non conosciamo neppure il nostro vicino di banco in chiesa per capire che questo concetto è ancora lontano. Non solo, ma avverte ancora il Cardinale - "bisognerà fare attenzione a non far coincidere sbrigativamente la parrocchia con la comunità. Si correrebbe il rischio di escludere dalla nostra sollecitudine quei fratelli che per i più diversi motivi non sono in grado di inserirsi o comunque di fatto non si inseriscono nelle iniziative e nei momenti comunitari: ma restano anchessi "parrocchiani" a tutti gli effetti e sono anchessi destinatari della nostra operosa carità pastorale."
La "Desacralizzazione", concetto che, avviato negli ultimi decenni dal mondo laicista, è stato in qualche modo preso in considerazione anche dal mondo dei credenti, i quali, appropriandosi come alibi dellidea della vana osservanza di cui ci ammonisce S. Paolo, hanno via via abbandonato o quanto meno dato un significato più modesto al senso del sacro.
Ogni volta che diciamo che il giorno del Signore è sacro dovremo chiederci perché: solo così recupereremo lidea che "la sacralità è una dimensione essenziale del progetto con cui Dio ci salva".
Dopo lesame di questi "miti", il Cardinale avvia la sua conclusione che, a mio avviso, da sola costituisce un documento a sé stante che sintetizza non solo i concetti da lui fin qui espressi, ma anche e soprattutto esprime in pieno il "Biffi-pensiero", ovvero il suo modo unico e inconfondibile di porgere il suo magistero, non già come un proclama delle sue idee, ma come un dono, unofferta distribuita con generosità e amore, con la passione della convinzione, con lansia apostolica di voler penetrare nei cuori, prima che nelle menti, non certo per essere applaudito, ma per condurre il gregge là, nella pace di quella Gerusalemme celeste della quale egli con la sua fede cristallina intravede profeticamente la luce splendida.
Biffi ha fatto della Cattedra di S. Petronio il piedistallo eccelso dal quale ha proiettato su tutti la luce della Verità che salva, ma la sua mente, la sua anima e il suo cuore non sono mai rimasti su quel seggio privilegiato - sul quale lasciava risplendere solo la Parola di Dio - ma è sempre sceso idealmente in mezzo al suo gregge, non disdegnando le pecorelle più distratte o malandate, per entrare nei cuori, per capire, soprattutto, gli affanni dei più deboli, per offrire la comprensione ai più lontani, senza mai scendere a compromessi che potevano sminuire la Verità, ma lasciando comunque sempre la porta spalancata a tutti. Non è questa solo lopinione di poco valore della sottoscritta, ma sappiamo che il Cardinale Biffi è, a detta di tanti eminenti pensatori, uno dei più grandi interpreti del Vangelo e soprattutto uno dei più grandi evangelizzatori dei nostri tempi. Perché il Vangelo spiegato da lui diventa vivo.
Biffi, con un atteggiamento molto simile a quello di Gesù, non condanna a priori, non scaglia pietre e, anzi, come vedremo anche leggendo le sue considerazioni conclusive, confessa di aver trovato più autenticità in taluni soggetti che a prima vista, non corrispondevano allideale del fedele, di quanto si sarebbe aspettato.
La cosa più bella e commovente è che non trasmette mai scoramento e per primo riesce a trovare spunti positivi anche in taluni atteggiamenti del mondo laicista che avrebbero solo bisogno di essere irrorati dalla luce della grazia.
Le sue parole non adombrano mai alcuna amarezza, perché come egli stesso afferma non bisogna credere al miraggio di una conversione miracolosa di unintera comunità, non bisogna illudersi di riempire le chiese, magari modificando il messaggio evangelico, o rendendolo subalterno alle proprie opinioni. La Parola di Dio, dice Biffi, va proclamata nella sua integrità, senza aggiunte e senza sconti, rispettando tutti, anche nella terminologia e senza sperare che si avverino delle promesse che non ci sono mai state fatte. Gesù non ha promesso la maggioranza al suo gregge! Però ha promesso la salvezza ed è con questa gioia, la stessa che palpita dalle parole convinte del nostro Arcivescovo emerito, che dobbiamo cercare tutti di vivere e testimoniare il Giorno del Signore. Per essere credibili e convincenti, occorre essere prima di tutti veri credenti!
Ecco le conclusioni del Cardinale:
CONCLUSIONE
"Le considerazioni sin qui fatte sono, come si è visto, abbastanza varie e quasi sconnesse. Vorrei almeno in sede di conclusione, enunciare lidea ispiratrice che soggiace a questa specie di rapsodia e in qualche modo la unifica. Tenterò di chiarire il mio pensiero formulando cinque rapide annotazioni di metodologia pastorale.