PAGINE DI PACE

IN MEZZO AD UNA STRADA

di Francesca Citossi

Interessante questa nostra Democrazia. Ma che cos’è la Democrazia? Spulciando tra le varie teorie storiche rintracciamo quella classica, secondo cui la D. è governo del popolo, di tutti i cittadini. La teoria medioevale richiama la sovranità popolare, cioè il potere supremo deriva dal popolo ed è rappresentativo. Erodoto narra come Otane, Magabizo e Dario discutessero sulla futura forma di governo della Persia. Magabizo sostiene l’aristocrazia, Dario la monarchia e Otane difende il governo popolare che chiama "isonomìa", cioè eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge argomentando che la monarchia, non dovendo rendere conto, può fare quel che vuole, contestato da chi ribatte che non v’è nulla di più stolto e insolente di una moltitudine incapace. Anche Platone richiama nella Repubblica la democrazia come governo del numero. Nel Digesto, Ulpiano ricorda che il principe ha tale autorità perché il popolo gliel’ha conferita (quod principi placuit, legis habet vigorem) e Giuliano aggiunge che il popolo crea diritto non solo col voto ma anche con le consuetudini (rebus ipsis et factis). L’effettivo detentore del potere sovrano, la fonte originaria di questo potere è sempre il popolo che, secondo Marsilio da Padova, attribuisce ad altri non più che il potere esecutivo, cioè il potere di governare nell’ambito delle leggi. Finalmente in Rousseau confluiscono e coincidono l'ideale democratico e repubblicano (dove è alla sovranità popolare che compete la formazione di una volontà generale inalienabile di fare le leggi) fondati sul consenso e sulla partecipazione di tutti. Il liberalismo chiarisce poi i diritti di libertà di pensiero, di religione, di stampa, di riunione, di opinione e di associazione: l’accento è posto in particolar modo sulla partecipazione. Nella scienza della politica, poi, si fa la classica distinzione tra D. formale e sostanziale ma lo scopo ultimo rimane quello di fornire le condizioni per il pieno e libero sviluppo delle capacità umane essenziali di tutti i membri della società.

Troppo spesso dimenticato, ci piace ricordarlo, l’art. 11 della Costituzione: "L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli", preceduto dall’art. 10 "L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto interna zionale" cioè permette limitazioni della sovranità nazionale per la sottoscrizione di trattati internazionali. Né il Trattato istitutivo delle Comunità Europee né quello dell’Unione Europea hanno una legislazione precisa in materia di conflitti, che viene invece chiaramente richiamata dalla Carta delle Nazioni Unite, nel preambolo si legge: "Noi, popoli delle Nazioni Unite (non governi, popoli, N.d.A.) decisi a salvare le future generazioni dal flagello della guerra" e continua, nell’art 2, par 4, "I Membri devono astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall’uso della forza". L’argomento si materializza più chiaramente nell’art. 39 "Il Consiglio di Sicurezza (non gli stati, Il Consiglio- N.d.A.) accerta l’esistenza di una minaccia alla pace e fa raccomandazioni o decide".

Chi scrive si è trovato, in un tiepido pomeriggio di febbraio, non solo ad avere riconosciuto l’esercitato privilegio del diritto di voto (quanti milioni di persone sono morte nel corso della storia per assicurarcelo? E quanti milioni ancora non ce l’hanno? Ma noi le domeniche di voto andiamo al mare…) ma quello della partecipazione, estrema ratio della Democrazia, e a toccare con mano e vedere realizzati principi fondamentali della Costituzione di questa Repubblica e della Carta delle Nazioni Unite. La guerra è ripudiata, e i modi per evitarla ci sono. Eravamo in mezzo ad una strada, un po’ infreddoliti ma contenti, nessuna rissa, nessun insulto, nessuna defenestrazione, come invece si sono visti costretti a fare ben più di una volta i Presidenti Pera e Casini con ben altre assemblee. Ma se la moltitudine stolta e insolente si comporta in maniera dignitosa, perché non possono farlo i suoi rappresentanti? E se la stessa moltitudine si dimostra istruita su Diritto Costituzionale e Diritto Internazionale perché non lo sono anche i suoi rappresentanti? Quanto è triste sentire il responsabile dell’esecutivo (esecutivo, solo esecutivo) liquidare tutto questo come la sottomissione di una massa ovina ad un dittatore manipolante che potrà giocare ancora. È singolare come i casus belli si siano rincorsi in questi mesi: prima le armi di distruzione di massa (non trovate, cosa portiamo in tribunale? Supposizioni, sospetti, chiacchiere, si dice, ma-dài-lo-sanno-tutti?), poi le violazioni dei diritti umani (perché fra il 1979 e il 1990, quando l’Iraq era l’amicone dell’Occidente in Medio Oriente migliaia di Curdi non venivano gasati e trucidati?) poi i rapporti con Al Quaeda (notoriamente Bin Laden e Saddam Hussein non si potevano sopportare per evidenti divergenze sulla gestione religioso-politico-amministrativa della umma, il popolo islamico) poi i rapporti degli Inglesi (risultati risalenti a 12 anni fa per ammissione dello stesso autore), infine bobine con voci che potrebbero essere di chiunque (ma perché Bin Laden che è così cattivo ed arrabbiato non si fa più vedere in TV, narcisista com’è, da un annetto? Sarà mica che è morto?).

Fino a qualche mese fa se non si parlava di Afghanistan non si stava bene. Ora che la compagnia petrolifera UNOCAL è riuscita a concludere un contratto per un oleodotto su territorio afgano che inseguiva da 10 anni non è più interessante. Ma è un caso. Immaginiamo sia un caso che il 6 febbraio i dirigenti della Boeing (uno dei più grandi produttori di armi al mondo) fossero a Roma per concludere un accordo con Finmeccanica, il più grosso produttore di armi italiano, controllata al 32% dal Ministero del Tesoro. Ma anche questo sarà un caso.

Si stima che la guerra produrrebbe cinque milioni e mezzo di profughi e un milione e mezzo di morti. Ma, statistiche alla mano, le proiezioni ufficiali si sono sempre dimostrate, nella storia del settore umanitario, inferiori alle stime del 40% circa. Questi operatori dell’umanitario…!

Insomma, se la guerra la volete a tutti i costi (bugie, inganni, manipolazioni, distruzioni e morti), va bene. Ma dite anche che saltate a piedi pari su un principio fondamentale, cioè la volontà del popolo, che è più preparato di voi in materia legale e che, soprattutto, è l’unico che paga in caso di guerra. Si sa, al fronte ci vanno i figli della gente comune, non dei ricchi e dei potenti, che in America 140 anni fa pagavano 300 dollari ed evitavano la coscrizione. Noi, invece, stiamo in mezzo ad una strada.