PAGINE DI PACE

QUANDO SPUNTA L’ARCOBALENO ...

di Maria Carla Papi

Quando spunta l’arcobaleno il temporale è finito, il tuono si allontana brontolando nel cielo terso e dai rami frondosi degli alberi gocciolano le ultime lacrime di pioggia. Il mondo sembra un bambino che, al termine di un lungo pianto, tira su col naso e si accinge a tornare ai suoi giochi, guardando tutto con rinnovato interesse mentre negli occhi ancora lucidi per il recente allagamento, brilla già la luce di un sorriso.

I colori dell’arcobaleno hanno sempre affascinato tutti. Da sempre ci hanno insegnato che, mescolati tutti assieme, essi formano il bianco, il colore della purezza, il colore della colomba che ha nel becco il ramoscello d’ulivo.

Direi che la natura ci ha già regalato da sempre questo simbolo, che non è certo un’invenzione umana. Prendendo spunto da quei colori, i missionari hanno composto una corona del Rosario che io ho sempre amato moltissimo. I grani dei cinque misteri sono diversamente colorati per ricordare i cinque continenti; ed è bello pensare, mentre si tiene in mano questo Rosario, che siamo tutti lì riuniti, tutti figli di Maria e Cristo, sulla sua Croce, suggella questa unione, principio e fine della nostra esistenza.

I colori della bandiera della pace mi hanno subito rimandato alle antiche lezioni di scienze quando l’insegnante facendo girare velocemente un cerchio colorato ci mostrava che tutti i colori si fondevano insieme nel bianco. E mi hanno rimandato anche alla Coroncina del Rosario missionario che uso sempre. Il simbolo è di per sé giusto e universale e mi ribello contro chi se ne vuole appropriare dandogli un’etichettatura. Mentre la mia bandiera sventolava appesa al davanzale, altre bandiere uguali sventolavano dai davanzali di tante altre famiglie e mi piaceva pensare che – credenti o non credenti – avessimo tutti un pensiero comune: No a questa guerra assurda.

Per tutti questi motivi mi è dispiaciuto che durante la manifestazione per la Pace, fra i le vivaci bandiere arcobaleno, spuntassero anche bandiere di altri colori. Che c’azzeccano – direbbe il noto ex magistrato – i sindacati e i partiti? Perché non hanno saputo sottrarsi alla tentazione di far proprio un simbolo che appartiene a tutti? Mentre il popolo è ‘trasversalmente’ concorde contro questa guerra, gli uomini politici non riescono a mettere da parte le loro ideologie e così si finisce per strumentalizzare qualcosa che appartiene a tutti: il diritto di dire no ad un crimine. Per questi motivi la bandiera della pace è potuta, in qualche caso, divenire simbolo di discordia. Perché se girando vorticosamente i colori questi non si fondono più nel bianco, ma si fondono nel rosso, nel giallo, nel verde o nell’azzurro (per la par condicio!) allora abbiamo stravolto la natura! Se mostrare quei colori, per qualcuno vuol dire mostrarne un altro che non sia il bianco della pace, allora – come ha ben spiegato Mons. Vecchi – tanto varrebbe non mostrali affatto. Consapevole del rischio ho scelto di esporre la bandiera, perché anche non farlo mi sarebbe sembrata una costrizione e la mia natura ribelle non mi consente di farmi costringere da nessuno. Sono disposta a condividere ciò che è condivisibile, ma non a farmi omologare da pensieri pilotati da destra o da sinistra. Alla faccia dei politicanti, è stato bello vedere nei palazzi che – giorno dopo giorno - si coloravano le finestre di chi va in Chiesa e chi non ci va. Il futuro dei figli sta a cuore a tutti. Bisogna guardare ai fatti, alle decisioni che stanno prendendo i potenti indipendentemente dalle simpatie politiche. Bisogna che nessuno strumentalizzi le parole del Papa, cercando di sottacere quello che realmente dice o cercando di relegarlo in sacrestia. Ha implorato i potenti: ma i potenti ascolteranno? È stato triste vedere come il frenetico lavoro diplomatico della Santa Sede non abbia trovato l’appoggio di tutti i politici, specie quelli cattolici alcuni dei quali hanno contestato anche la cerimonia ad Assisi dove era stato invitato Tareq Haziz, il numero due di Saddam. Da quella sede Haziz ha chiesto a Bush di incontrarlo, ma la Casa Bianca ha detto ‘no’, come d’altronde ha detto ‘no’ ad un dibattito pubblico in mondovisione con Saddam. Sarebbe stato bello vedere due grandi nell’umile terra di Francesco, discutere per trovare un accordo. Ma forse ci sono domande alle quali Bush non vuole pubblicamente rispondere. È vero, Saddam è un dittatore, ma è trent’anni che è lì: perché fargli la guerra adesso? Perché solo a lui: tanti sono i dittatori anche sanguinari nel mondo, ma gli USA non se ne occupano. Se la memoria non m’inganna, non si sono mossi troppo per fermare gli orrori delle guerre nell’ex Jugoslavia. Nessuno mette in discussione la necessità di difendersi, ma si mette in discussione di andare ad attaccare prima di essere offesi. (V. nella ‘Voce della Chiesa’ il comunicato di mons. Tauran , Ministro degli esteri in Vaticano) In fondo le torri di Manhattan le ha buttate giù Bin Laden e gli americani, dopo aver ammazzato migliaia di afghani, ancora non l’hanno preso. La verità, forse, puzza di petrolio (vedere articolo tratto da ‘il portafoglio di Mr. Bush’ di Alberto Bobbio apparso sul periodico Segno nel mondo di A.C.).