RADICI CRISTIANE

di Massimo Craboledda

È una stridente e dolorosa contraddizione del nostro tempo il fatto che, a dispetto dell’approfondimento delle scienze sociali e dell’inaudito sviluppo dei mezzi di comunicazione, si assista troppo spesso, nei rapporti umani, al crescere dell’individualismo, fino ad atteggiamenti di sostanziale estraneità fra soggetti o gruppi operanti all’interno della stessa realtà. Ogni generalizzazione pecca inevitabilmente di superficialità; è, tuttavia, impossibile non rilevare un marcato arroccamento su posizioni ed interessi personali o di bottega da parte di quegli stessi soggetti, siano essi espressione di potere politico, finanziario, economico, sindacale o, a qualunque titolo, preoccupati di affermare una propria specificità.

E il bene comune? Ha ancora un senso questo antico concetto, così caro alla riflessione cristiana e vera pietra angolare della dottrina sociale della Chiesa? Certamente sì; anzi, la sua valorizzazione è la chiave per sottrarre la politica tanto alla morsa soffocante delle ideologie quanto a quella degli egoismi miopi, restituendole la dimensione di un servizio a cui nessuno può dirsi estraneo.

Che cosa è il bene comune? Quanto abbiamo detto, nei mesi scorsi, circa il valore e la dignità della persona, il significato della libertà e la retta nozione di laicità dello Stato concorre ad illustrarne il concetto. La definizione più completa e, ad un tempo, sintetica è offerta dal concilio Vaticano II nella costituzione Gaudium et spes (n. 26): per bene comune si deve intendere "l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono ai gruppi, come ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente". L’ampio respiro di queste parole sgombra subito il campo dalla falsa idea che il bene comune si riduca sostanzialmente all’instaurazione di criteri giusti e condivisi di produzione e distribuzione della ricchezza: non è affatto, in primo luogo, una questione di quattrini, come sembrerebbero adombrare l’insistenza e l’enfasi che vengono riservate da più parti agli indicatori economici.

La dottrina sociale cristiana, senza trascurare gli aspetti materiali, vola più alto. Essa parte dalla constatazione della natura sociale dell’essere umano per affermare che il bene di ciascuno è, necessariamente, in rapporto con il bene di tutti. Secondo San Tommaso la ricerca del bene comune è connaturale all’uomo, in quanto questi è, per natura, un essere sociale e politico che non può soddisfare le proprie necessità materiali né realizzare se stesso nella dimensione morale e culturale restando isolato, ripiegato su di sé, senza collaborazione e solidarietà: è nel disegno provvidenziale di Dio che gli uomini formino una sola famiglia e siano fratelli gli uni agli altri. La ragione ultima di questo sta nella similitudine, suggerita da Gesù stesso, tra l’unione delle Persone divine e quella di chi crede in Lui: "…tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola…" (Gv 17,21). C’è la SS. Trinità a modello e fondamento della comunione fra gli uomini.

Il testo citato della Gaudium et spes pone come obiettivo del bene comune il perfezionamento della persona: questo e il progredire dei diversi organismi sociali sono strettamente legati. Alla persona, infatti, tutte le istituzioni devono essere rivolte come al loro principio e al loro fine ma, al tempo stesso, essa non raggiunge la propria vocazione se non impegnandosi nella crescita delle istituzioni medesime, ovvero ponendosi al servizio dell’intera comunità. Il bene comune investe, quindi, in un’ottica globale la famiglia, la scuola, il mondo del lavoro nei suoi molteplici aspetti, la comunità politica, le varie associazioni: in una parola il complesso dei vincoli necessari perché l’uomo consegua il proprio fine. Per di più si tratta, oggi, di acquisire una mentalità aperta a tutto il mondo. Ancora la Gaudium et spes ammonisce: "Il bene comune…oggi vieppiù diventa universale, investendo diritti e doveri che riguardano l’intero genere umano. Pertanto ogni gruppo deve tenere conto dei bisogni e delle legittime aspirazioni degli altri gruppi, anzi del bene comune dell’intera famiglia umana". Un esempio attuale, di portata planetaria, viene dalla salvaguardia dell’ambiente: è ben noto che il protocollo di Kyoto, che impegna gli Stati firmatari all’assunzione di responsabilità comuni, trova forti resistenze da parte di chi vi antepone un presunto interesse economico nazionale.

Ancora, per restare nell’ambito delle quotidiane cronache di conflittualità sociale, si pone il problema di quanto sia lecito perseguire un proprio interesse attuando forme di sciopero che penalizzano severamente la comunità. Fino a che punto lo sciopero è un diritto? La dottrina della Chiesa è molto chiara nel fissare la gerarchia dei valori: se si tratta dello stesso genere di bene, sia esso spirituale o materiale, la comunità viene prima del singolo. Se, invece, da parte della persona è in gioco il bene spirituale e da parte della comunità quello materiale, il primo posto spetta alla persona. Secondo San Tommaso il bene soprannaturale di un uomo supera il bene naturale di tutto l’universo.

L’anteporre il bene comune a quello del singolo non è in contrasto con la centralità, affermata dal cristianesimo, della persona. Essa non viene inserita nella comunità con l’ottica della massificazione, non viene degradata a semplice ingranaggio di un meccanismo che la sovrasta: tale è la filosofia del collettivismo che non ha mai realizzato il bene comune da nessuna parte. Al contrario, la partecipazione dell’individuo alla comunità deve essere vista come un arricchimento della sua personalità. Egli resta in primo piano anche quando, volontariamente, si pone a servizio, quando rinuncia a un interesse privato in funzione del bene di tutti. Per quanto necessari o utili, infatti, siano lo Stato e gli altri corpi intermedi, non sono che un mezzo, non il fine dell’uomo: egli, in tutto il suo essere, è ordinato a Dio e, pertanto, non può realizzarsi completamente tramite le società temporali e, tanto meno, annullandosi in esse. Esiste un bene di tutti che consegue la sua piena attuazione oltre la vita presente: chi ha responsabilità civili non dovrebbe mai perdere di vista la dimensione escatologica, spirituale dell’uomo, per fare sì che il bene della comunità sia di vero sostegno al fine del singolo.