Dalla Cattedra di Pietro

L’ENCICLICA …

A cura di Maria Carla Papi

Dall’Ecclesia de Eucharistia a Redemptionis Sacramentum

La nuova Istruzione della Congregazione per il Culto divino - intitolata "Redemptionis Sacramentum" - avente a tema i cosiddetti "abusi liturgici" è un documento destinato a suscitare - come del resto è già accaduto nella fase dell'elaborazione del testo - polemiche e critiche accese, soprattutto da parte di quella "teologia progressista", poco attenta ad ascoltare i richiami e il valore della Tradizione, intenta piuttosto a cercare un compromesso con la mentalità e la cultura secolarizzate, con quella "scena di questo mondo" di cui parlano, con toni non certo teneri, i Vangeli e le lettere di san Paolo.

Come spiega un commentatore del documento, "a leggere la "Redemptionis Sacramentum", infatti, si rimane perfino sbalorditi nell'imbattersi in una perentorietà e fermezza di linguaggio che poco hanno a che fare con le melasse sentimental-buoniste che caratterizzano oggi tanta parte della predicazione". L'Istruzione, del resto, fa seguito ad una serie di encicliche papali e di documenti della Congregazione per la Dottrina della fede (presieduta dal cardinale Joseph Ratzinger) che sembrano aver voluto ribaltare - o quanto meno precisare - un certo linguaggio e un certo pensiero teologico che, con la motivazione di una maggiore apertura al "moderno", al "dialogo" e allo "spirito dei tempi", rischiavano di fatto di ridurre e svilire l'unicità dell'evento cristiano, dell'annuncio di Cristo come vero Dio e vero uomo, come sola "via, verità e vita".

Così abbiamo avuto, nel 1993, l'enciclica "Veritatis splendor", che ha condannato tutti gli orientamenti progressisti nel campo della morale cristiana. Poi è venuta la "Fides et ratio", che ha riproposto, con la sensibilità "filosofica" tipica di Giovanni Paolo II, il valore della conoscenza mistica intrinseca alla fede e il legame inscindibile dell'umana ragione con l'Assoluto e l'Eterno. Il Papa ha così sollecitato i seminari teologici a riprendere in mano vigorosamente lo studio di Tommaso d'Aquino e di quel pensiero medievale che pareva, agli occhi di molti teologi "moderni", un mero retaggio di un passato di cui liberarsi al più presto. Alla "Fides et ratio" è seguita la "Dominus Jesus", documento della Congregazione per la Dottrina della fede che ha ribadito, contro certe tendenze sincretiste (cioè alla mescolanza di certe parti del rito della S. Messa con riti diversi), l'irriducibilità del Cristianesimo a religione tra le altre, o a un pensiero in qualche modo assimilabile ad altri messaggi religiosi. Poi, nell'aprile 2003, Giovanni Paolo II ha voluto, con l'enciclica "Ecclesia de eucharistia", tornare ad enunciare la dottrina cattolica tradizionale sul Mistero eucaristico, troppo spesso svuotato, nella prassi e nella predicazione, della sua natura di sacrificio.

2. REDEMPTIONIS SACRAMENTUM

Alla "Ecclesia de eucharistia" fa dunque seguito, ora, la "Redemptionis sacramentum" che, significativamente, reca come sottotitolo "Certi punti da osservare o da evitare nei confronti della Ss.ma Eucaristia".

"A nessuno è concesso di sottovalutare il Mistero affidato nelle nostre mani: esso è troppo grande perché qualcuno possa permettersi di trattarlo con arbitrio personale, che non rispetterebbe il suo carattere sacro e la dimensione universale". Queste parole della "Ecclesia de eucharistia" sono state citate dal cardinale Francis Arinze (a capo della Congregazione per il Culto divino) per spiegare da quale urgente esigenza sia nata l'Istruzione: gli "abusi" liturgici, sorti a seguito della riforma post-conciliare, "sono stati un motivo di sofferenza per molti".

"C'è una tentazione - ha proseguito il cardinale - alla quale si deve resistere: cioè quella di pensare che sia una perdita di tempo prestare attenzione agli abusi liturgici. Alcuni di questi minacciano di rendere il sacramento invalido. Altri manifestano una mancanza di fede eucaristica. Altri ancora contribuiscono a seminare confusione tra il popolo di Dio e tendono a dissacrare le celebrazioni eucaristiche. Gli abusi non sono da prendersi alla leggera".

Toni certamente poco "moderati", quelli di Arinze, ma che rendono bene l'idea di una situazione che, negli ultimi trent'anni, si è fatta sempre più grave, insidiosa e - a quanto emerge dal documento - diffusa. A leggere i commenti degli abusi se ne vedono delle belle: Messe trasformate in show personali del celebrante, testi della liturgia "improvvisati" a sentimento e modificati a piacimento, letture della Bibbia sostituite con brani di Gandhi o Martin Luther King, altari assimilabili a banchetti conviviali, canti che tutto fanno fuorché suscitare nel fedele la preghiera o il senso del sacro per la partecipazione al Mistero che nella Messa si compie. Per non parlare delle omelie affidate all'improvvisazione dei fedeli, di strane prestidigitazioni al momento della consacrazione e, purtroppo, di preti in balia delle fantasie e stravaganze liturgiche di poco avveduti "liturgisti" laici.

Fenomeni, insomma, che rischiano di oscurare la natura della Messa e del Sacramento, di tralasciare il Divino e censurare il Sacrificio a vantaggio della "mensa", di svilire il "Corpo mistico" ponendo esclusivamente l'accento sul "popolo di Dio". Così, nota la "Redemptionis sacramentum", "benché la celebrazione della Liturgia possieda indubbiamente una connotazione di partecipazione attiva di tutti i fedeli, non ne consegue, come per logica deduzione, che tutti debbano materialmente compiere qualcosa oltre ai previsti gesti ed atteggiamenti del corpo, come se ognuno debba necessariamente assolvere ad uno specifico compito liturgico".

Se nelle nostre parrocchie, in genere, non siamo abituati a vedere taluni eccessi o abusi, non si pensi di essere ‘a posto’. Molte cose sono da migliorare, altre sono da riconsiderare e nei prossimi mesi lo vedremo insieme.

Per ora esaminiamone una piccola piccola:

[90.] "I fedeli si comunicano in ginocchio o in piedi, come stabilito dalla Conferenza dei Vescovi",e confermato da parte della Sede Apostolica. "Quando però si comunicano stando in piedi, si raccomanda che, prima di ricevere il Sacramento, facciano la debita riverenza".

Mentre l’assemblea in processione si avvia "cantando inni eucaristici appropriati" l’atteggiamento di tutta la persona deve testimoniare la devozione e l’importanza che diamo all’incontro con Cristo. Spesso qualcuno parla, o tiene le mani in tasca o dietro la schiena e, personalmente, ho visto qualcuno masticare chewingum! Non solo, ma arrivati davanti al Sacerdote che presenta l’Ostia, se per praticità nessuno s’inginocchia, non succede neppure che qualcuno (tranne pochissimi) facciano la riverenza.

Il gesto è semplice: si guarda un attimo il Corpo di Cristo che il Sacerdote ci mostra e chiniamo il capo dicendo forte ‘Amen’ prima di assumerla. Ricordiamo poi che, chi prende l’Ostia in mano, terrà le mani (la destra sotto alla sinistra) contro al petto e, dopo aver fatto la riverenza, porgerà le mani già così disposte e assumerà l’Ostia restando fermo davanti al Sacerdote.

Troppo spesso, anche da noi, si vedono persone che, dopo aver ricevuto il Corpo di Cristo nella mano, si avviano al posto mettendo l’Ostia in bocca cammin facendo!

A noi, che tremano le ginocchia se ci troviamo davanti una qualche Autorità, se fossimo convinti che quello che il Sacerdote ci presenta è Gesù in persona, avremmo questo atteggiamento scanzonato?!

  1. Continua