I MIRACOLI EUCARISTICI

di Massimo Craboledda

 

         Nella cittadina francese di Paray Le Monial, famosa per le rivelazioni del Sacro Cuore di Gesù a S. Margherita Maria Alacoque, c’è una carta geografica con l’indicazione di 132 luoghi, sparsi nel mondo, dove, nel corso dei secoli, si sono verificati miracoli eucaristici: eventi prodigiosi, spesso poco conosciuti, tramite i quali il Signore ha voluto confermare e rafforzare la nostra fede nella Sua presenza reale nel pane e nel vino consacrati.

         In questo mese di Ottobre si conclude l’anno dell’Eucaristia, indetto da Giovanni Paolo II come tempo privilegiato per la meditazione, la conoscenza, l’adorazione del Santissimo Sacramento. Tuttavia, l’assoluta centralità che tale Sacramento riveste nella vita della Chiesa (la Chiesa nasce dall’Eucaristia) e l’insistenza con cui i Vescovi, nei documenti più recenti, invitano a rinnovare la parrocchia partendo proprio dalla celebrazione eucaristica, ci inducono a soffermarci ancora su questo grande dono. Lo faremo nei prossimi mesi ricordando gli avvenimenti relativi ad alcuni dei più noti miracoli eucaristici perché crescano in noi la fede, lo stupore e l’amore verso questo Mistero e la gratitudine per la Chiesa cattolica che, sola, è fedele interprete e custode delle parole e della volontà del Signore di restare con noi sempre, nell’Ostia santa. Solo la Chiesa cattolica, infatti, ha promosso e difeso nei secoli il culto dell’Eucaristia anche al di fuori della Messa. Una chiesa ortodossa può abbagliare per lo splendore delle icone, ma non c’è l’Eucaristia al di fuori delle celebrazioni; ancor più desolatamente vuota è una chiesa protestante.

         L’attacco all’Eucaristia è una costante per i nemici della Chiesa. Se le negazioni del razionalismo illuminista e del materialismo, pur nefaste, sono prevedibili, più pericolose si sono rivelate le eresie che, in ambito cristiano, hanno minato la verità teologica del Sacramento, in particolare quella protestante. Mentre la posizione di Lutero fu ondivaga, altri seguaci della riforma, quali Zwingli ed Ecolampadio, non ebbero timore di affermare che nell’Eucaristia non c’è né miracolo né mistero, ma soltanto un simbolo, suscitato dalla fede e destinato a rianimare la fede stessa. Per essi il pane spezzato rappresenta (non “è”) il corpo di Cristo ed il vino simboleggia (non “è”) il Suo Sangue. Altri, come Melantone, ammettevano la presenza reale del Cristo nell’Eucaristia soltanto al momento della comunione, sostenendo che la promessa di Gesù di rendersi presente sotto le Sacre Specie non si indirizza al pane ma all’uomo e, perciò, il Corpo del Signore dev’essere nel pane solo al momento in cui l’uomo lo riceve.

         Una congerie confusa di errori ed eresie alle quali rispose, con assoluta chiarezza e precisione, il Concilio di Trento (1545-1563), l’evento, forse, più importante nella storia della Chiesa per la puntualizzazione della verità di fede sull’Eucaristia e per la riorganizzazione della vita liturgica attorno al Santissimo Sacramento. In quella sede si è definito testualmente: “Se qualcuno nega che nel Sacramento della Santissima Eucaristia siano contenuti veramente, realmente e sostanzialmente (“vere, realiter et substantialiter”) il Corpo ed il Sangue insieme all’anima e alla divinità di Nostro Signore Gesù Cristio e, per conseguenza, il Cristo tutto intero (“totum Christum”) ma pretende che essi vi siano soltanto in segno o in figura o nella loro efficacia, sia anàtema”. Si afferma, dunque, la presenza reale del Cristo nell’Eucaristia e l’integrità di tale presenza, ovvero la pienezza della presenza, sotto le specie consacrate, della natura divina e di quella umana, unite nell’unica persona del Verbo. È una presenza reale e non un segno, una presenza sostanziale e non il simbolo di una presenza.

         Il primo, grande miracolo eucaristico è, quindi, quello che si compie ogni giorno sull’altare delle nostre chiese. Nel momento della consacrazione avviene la transustanziazione: tutta la sostanza del pane si trasforma nella sostanza del Corpo di Cristo e tutta la sostanza del vino si trasforma in quella del Suo Sangue e tali resteranno finché le Specie non saranno sostanzialmente alterate. Questo miracolo ci è divenuto così familiare che rischiamo di non accorgerci più del suo immenso potenziale di grazia e di amore. Lo si vede dalla fretta, dalla distrazione, da quanta fatica facciamo a sostare, ad adorare, a ringraziare. Certo, è un Mistero che dobbiamo accettare per pura fede, senza nulla vedere, sull’autorità del Signore. E i dubbi sono cominciati nel momento stesso in cui Gesù lo annunciò nella sinagoga di Cafarnao: “Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?” (Gv 6,60), dissero molti discepoli, decidendo di abbandonare il Maestro. Ma chi crede, chi si abbandona con fiducia alla Parola del Signore sperimenta presto nel suo spirito la potenza del dono di Dio. “Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?” dice Gesù a Marta in lacrime per la morte del fratello Lazzaro.

 

         La fede è indispensabile per accettare i miracoli. Il miracolo può, sì, accendere la fede, ma solo se il cuore è aperto, la mente non appesantita dall’orgoglio, la volontà libera da pregiudizi e tesa alla verità. Altrimenti, come dice la Scrittura, “voi udrete, ma non comprenderete, guarderete ma non vedrete” (Mt 13,14). Così è anche per i miracoli eucaristici, nonostante anche le ricognizioni scientifiche, pur non potendo la scienza parlare di miracoli, abbiano sempre confermato l’inspiegabilità umana di quegli avvenimenti.

 

         A noi non resta che innalzare un inno di lode e di ringraziamento al Signore per questi aiuti straordinari, luminosa conferma della fede della Chiesa.