SALVIAMO LA NOSTRA LINGUA

di Serena Polombito

Shoes c’è scritto nell’insegna luminosa di un negozio che si nota passando in autobus e una signora un po’ anziana chiede. "Lì, cosa vendono?" "Scarpe" le risponde una giovane vicina, forse la figlia.

"Allora non capisco, io non capisco perché non scrivano scarpe, in italiano, così potrebbero capire tutti!" protesta la signora.

"È incostituzionale bloccare i talk show"

"Orchi on-line"

"Tutto pronto per la 14A edizione del festival del Fitness"

"San Lazzaro: un brindisi al lifting"

"Quasi tutti i teenager hanno in tasca il cellulare"

"I varchi di accesso alla zona off limits saranno strettamente controllati."

"È meglio che io smetta di leggerlo il giornale, tanto non capisco niente di quello che c’è scritto!" brontola la mia mamma, che l’inglese non l’ha mai studiato, come me del resto, ma crede comunque di aver diritto ad una facile lettura del quotidiano che compra e quindi paga.

I titoli citati sono tutti presi dal giornale di un solo giorno e altri avrei potuto copiarne.

Mi viene in mente una vecchia e divertente scenetta

di Enrico Montesano, che, vestito da donna, interpretava una turista inglese, molto meravigliata di trovare nel linguaggio italiano tanti termini della sua lingua e finiva per domandarsi: "Ma questi italiani non ce l’hanno una lingua loro?"

Ce l’abbiamo eccome, ed è così bella, che alcuni re delle più ricche parti del mondo hanno scelto come passatempo di lusso, proprio lo studio dell’italiano, per l’armonia dei suoi accenti, per la ricchezza dei suoi sinonimi, per la precisione delle sue regole grammaticali e sintattiche.

I nostri giornalisti però, che forse considerano barbari i lontani re autori di questa scelta, preferiscono attingere dal vocabolario inglese moderni e freddi termini che snaturano la nostra lingua, pensando che non sia trend, ovvero non faccia tendenza, scrivere servendosi di un banale, corretto italiano. Già, ma forse è qui il problema, troppo pochi sono coloro che sanno ancora scrivere un italiano corretto. La scuola ha preparato tutti a tutto, ma a tutto un po’ superficialmente, e molti erano troppo impegnati a scioperare, occupare e manifestare per poter anche studiare e l’italiano poi ... del tutto inutile, quando si sa che basta scrivere servendosi di un computer perché gli errori vengano automaticamente corretti. (Chi può le guardi alcune correzioni suggerite dal computer!!!)

Così può capitare di imbattersi in scritte di questo genere: grazie per non fumare! costruzione letterale all’inglese, che però in italiano sfortunatamente non esiste e infatti suona malissimo. Troppo duro un secco vietato fumare? Vogliamo proprio essere grati a chi eviterà di inquinare l’aria che respiriamo? Che ne direste di: si prega di non fumare – o – non fumare, grazie? Troppo normale vero?

Su un giornale della FIAT leggo che il 13 giugno u.s. a Marentino (sede di corsi di aggiornamento del personale) si è parlato per la seconda volta di un importante programma di lavoro a 113 tra process owner e 35 top manager di quasi tutte le Società e i Settori del gruppo e che a più di sei mesi dal primo appuntamento, l’incontro con i principali protagonisti del Programma dedicato "all’ownership dei processi" ha fornito l’occasione per confrontare le nuove esperienze e valutare le "best practices"....In tutto il gruppo sono in corso iniziative importanti di reengineering di processi che vanno applicate con metodologia rigorosa ... Fondamentali strumenti per il controllo del programma sono "l’Activity Based Costing" e il Cost Benefit Traking ... In particolare i vari team hanno lavorato su "Metodo e Organizzazione" "Information and Comunication Technology" "Rewarding" e "Supporto alla ownership" ... i maggiori problemi sono risultati essere le difficoltà di accesso ai servizi e di collaborazione e comprensione degli esperti ...

E ci credo!!! Chissà, forse se si fossero espressi in italiano la comprensione sarebbe stata migliore, migliore l’efficienza e la FIAT oggi potrebbe navigare in acque migliori.

A mio conforto e consolazione appare su Il resto del Carlino di lunedì 7 ottobre u.s. un articolo intitolato "Italiano, che passione. Tutto il mondo lo studia" Leggo con gioia che nel mondo ci sono centoventi milioni di persone che sanno esprimersi in lingua italiana, la metà sono gli abitanti del nostro paese, ma l’altra metà è costituita in parte dagli italiani all’estero e, in parte, da stranieri che imparano l’italiano, perché lo amano. Così, se è vero che la nostra lingua è al 19° posto come lingua parlata, è altrettanto vero che sale al 4° posto nella classifica delle lingue più studiate dagli stranieri. È per questo motivo che si parla di un "Secondo Rinascimento" in un convegno tenutosi a Roma dal titolo "L’Italia fuori d’Italia" cui farà seguito la "Settimana della lingua italiana nel mondo" organizzata dal ministero degli esteri con l’Accademia della Crusca. Ci è dato modo di apprendere che:

"... l’attenzione per la lingua italiana all’estero cresce in quantità e qualità. Negli U.S.A. e in Canada ci sono 400 cattedre di italianistica e, sempre nel Nord America, la Divina Commedia è il testo più tradotto dopo la Bibbia e dei quasi 1500 saggi su Dante, che si pubblicano ogni anno, più di un terzo è opera di studiosi stranieri. Anche Pirandello e Leopardi sono molto studiati; l’italiano continua quindi ad essere una grande lingua di cultura e viene scelto come strumento di arricchimento personale e sociale. Nell’Europa del Sei-Settecento, conclude l’articolo, l’italiano resta una lingua che una persona colta non può ignorare; né quel prestigio è crollato nei secoli successivi, attestando una continuità nella presenza della cultura e della letteratura italiana, in Europa e nei contatti con altre culture fuori d’Europa, che non può passare inosservata."

Tempo fa qualcuno paventava che tra qualche anno saremo costretti ad importare dall’America professori di latino, più preparati dei nostri, perché oltre oceano, avendo da tempo capito che lo studio del latino allarga la mente ed aiuta la comprensione anche della matematica, lo studiano con molto impegno e serietà: speriamo di non essere costretti ad importare anche qualcuno che ci insegni l’italiano.