RADICI CRISTIANE

 

di Massimo Craboledda

Alcuni dei temi trattati in questa rubrica, in particolare l’analisi dei concetti di bene comune, di laicità dello Stato, dell’esistenza di una legge morale naturale impegnativa per tutti, vorrebbero contribuire (aspettativa presuntuosa!) a ridestare quel senso alto della politica che viene svilito nel nostro Paese da un perenne clima di scontro, oltre che dalle esternazioni di personaggi "pittoreschi". Quando, per la maggioranza, l’opposizione dice solo falsità e, viceversa, per l’opposizione la maggioranza non ne fa mai una giusta, si ha la chiara sensazione che si ignori la sana dialettica del confronto e ci si arrocchi soltanto su posizioni ideologiche.

Questa situazione, fonte di un obiettivo disagio in chi si richiama ad una dottrina che pone al vertice dell’azione politica la ricerca del vero bene comune, sollecita, al tempo stesso, con maggiore urgenza, noi cattolici all’impegno e alla testimonianza.

È necessario che la politica sia purificata dalle ideologie che inducono a demonizzare l’avversario e soffocano l’ampio respiro di una comunità attraverso ottiche marcatamente di parte: questo vuol dire, anzitutto, rifiutare la logica del potere, governare ed amministrare con limpido senso di servizio ed essere aperti ad ogni positivo contributo. Ed è pure necessario che essa sia finalmente liberata da luoghi comuni falsi e fuorvianti. Uno di essi, sul quale non torneremo qui, avendolo già trattato, è che lo Stato laico dev’essere indifferente, estraneo (se non ostile) alle religioni. Un altro è la costante contrapposizione che viene fatta fra laici e cattolici, forse antico retaggio degli anni seguenti la breccia di Porta Pia e il "non expedit" di Pio IX. Ma è un’antitesi che non regge, né sul piano lessicale, né su quello storico, essendo ben noto che l’autentica laicità dello Stato ha origini cristiane, nella cultura del dare a Cesare quello che è di Cesare.

Questa artefatta contrapposizione mira a sostenere, in realtà, che i cattolici, in politica, propugnano tesi suggerite dalla loro religione e quindi, in nome della laicità, non imponibili per legge a tutti. Proprio per questo motivo non manca mai chi denuncia ingerenze della Chiesa ogni qualvolta un cattolico convinto parla da cattolico convinto. Non è così. Se è vero che siamo persuasi di non potere mai prescindere dal Vangelo, dono prezioso da condividere per creare condizioni di piena umanità per tutti, è pur vero che nel dibattito politico difendiamo valori universali inscritti nella legge naturale, capaci di aggregare persone di diversa appartenenza culturale, religiosa, etnica purché decise a non rinunciare alla ragione in nome dell’ideologia. Se, poi, questi valori sono anche, direttamente o indirettamente, evangelici, ciò non vuol dire che i cattolici tentino di imporre una concezione religiosa. Essi hanno, quindi, pieno diritto di cittadinanza sia nelle attività sociali che nella politica attiva le quali rientrano, a tutti gli effetti, nel novero delle realtà temporali che chiedono di essere animate dallo spirito di una nuova evangelizzazione.

Il cattolico, poi, al di là di ogni lecito schieramento, reso necessario dalle regole che il sistema democratico si è dato, sa di dovere mantenere la propria libertà di giudizio, senza legarsi ideologicamente ad alcuna parte. Egli ha in Gesù Cristo il solo Signore: perciò non può piegare le ginocchia davanti a nessun altro, non può accettare alcuna idolatria. Il cristiano è refrattario a mitizzare persone, partiti, interessi, tutto quanto richieda un’adesione assoluta. Prima di tutto c’è l’appartenenza a Cristo, il quale è misura di tutte le cose: convincimenti interiori, scelte, dinamiche operative ricevono l’avvallo morale solo dalla conformità alla sua Parola, tanto nell’ambito personale quanto nella sfera sociale e politica. A questa scuola il cristiano matura nella propria coscienza la libertà e l’obiettività di giudizio nei confronti del potere e delle sue iniziative.

Il termine "cattolico", poi, di origine greca, significa "universale" e comporta lo sforzo e l’esercizio di ricercare e riconoscere le tracce della verità, della giustizia, del bene dovunque si trovino, nella certezza che questi valori trascendenti, quando ci sono, vengono, comunque, dallo Spirito Santo. Anzi, il termine "cattolico", di per sé, proprio per questo suo riferimento al tutto, non tollera altri aggettivi: è tempo di smettere di parlare di cattolici liberali o di cattolici democratici. Anche le espressioni "cattolico di destra" o "cattolico di sinistra", quando non sono usate per indicare sbrigativamente uno schieramento, sono intrinsecamente prive di senso. È urgente riscoprire in questa luce l’identità cattolica per recuperare, in un clima di autentica libertà intellettuale, l’ingente patrimonio della dottrina sociale che in seno alla Chiesa si è venuta elaborando dall’ormai lontana Rerum novarum: un corpus di ammirevole equilibrio, incentrato sul rispetto della realtà più profonda dell’uomo.

Nel loro documento "Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia" i Vescovi italiani ricordano che "comunicare il Vangelo è il compito fondamentale della Chiesa" e sottolineano "la novità irriducibile del messaggio cristiano: pur additando un cammino di piena umanizzazione, esso non si limita a proporre un mero umanesimo". Tale è anche la specificità del cristiano nell’ambito politico: nel perseguire il bene comune e l’autentica promozione dell’uomo, egli non dimentica che l’uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio.