PASQUA
1997
di
Luisa Lipparini Leonardi
Siamo già
allinizio di marzo, ma questo durissimo inverno, tanto
carico di avvenimenti tristi e di memorie tragiche, non accenna a
rallentare la sua morsa.
Dalla finestra vedo la neve che continua a
scendere e, mentre avvolge tutte le cose col suo mantello bianco,
crea una atmosfera incantata che costringe le persone a
rallentare i ritmi e a desiderare solo il calore della propria
casa e il conforto della presenza dei familiari.
Questanno
la neve e il freddo sono arrivati al momento giusto; ce
nera proprio bisogno per i campi, per la falda acquifera,
per ripulire laria, ma io comincio a desiderare la
primavera e sogno limminente S. Pasqua rallegrata dai
colori dei fiori e da un cielo limpido e terso solcato da
voli di rondini.
La mia mente
continua a viaggiare, mi allontano nel tempo e il mio ricordo va
alla S. Pasqua dellanno I997.
È sera, sto
tornando a casa assorta nei miei pensieri quando, alzando gli
occhi, vedo proprio sopra alla mia abitazione
Salgo le scale di
corsa e faccio partecipi dellavvenimento le mie vicine di
casa che mi seguono stupite e incredule. Dopo un po,
soddisfatta la curiosità, lallegria finisce e ognuna di
noi rientra nel proprio appartamento.
Comincio a
preparare la cena, ma mi assale il pensiero di mia figlia minore
che si trova in India e da qualche giorno non dà sue notizie.
Mi corico, ma non riesco a dormire e
continuo a chiedermi come mai non abbiamo ancora ricevuto una sua
telefonata. Continuo a rigirarmi nel letto e faccio lavorare il
cervello per trovare la maniera di mettermi in contatto con lei.
Mi alzo, guardo
la carta geografica dellIndia, ma non so dove cercarla:
sarà ancora a Goa? No, forse si è spostata più a sud. Torno
a letto, forse potrei usare come punto di riferimento
Finalmente
capisco. Non devo cercare agenti esterni, lei è mia figlia, è
il mio cuore che deve mettersi in contatto col suo.
È già lalba
quando mi rendo conto che il contatto è avvenuto e dico a mio
marito di non preoccuparsi perché Rosanna mi ha sentita e
chiamerà appena possibile.
Intanto suona il telefono. È lei,
naturalmente, e io non posso trattenermi da un pianto dirotto,
liberatorio; sicuramente è la prima volta in vita mia che piango
così.
In quel momento mi rendo conto di avere
riattivato una dote antica come il mondo: la telepatia e ora mi
accorgo che anche i miei familiari la possiedono, ciascuno in
modo diverso, speciale.
Tutti noi, alla nascita, abbiamo ricevuto
dei talenti che non abbiamo mai utilizzato,
lasciandoli in disparte fino a perderne perfino la memoria. Ora
capisco che se io riesco a riappropriarmi di uno di questi doni,
anche i miei cari vengono coinvolti. E come riaprire una
finestra dopo il buio, la luce che entra illumina tutti i
presenti indistintamente.