LE APPARIZIONI MARIANE

CON MARIA …

di Massimo Craboledda

 

 

 

         Una notte in una caverna sul colle di Lenola, nell’entroterra della costiera fra Terracina e Gaeta, circa 1750 anni fa. Si era, infatti, intorno alla metà del III° secolo ed in quella zona, la fertile pianura presso la cittadina di Fondi, infuriava contro le giovani comunità cristiane la persecuzione ordinata dall’imperatore Decio. Su quel colle, all’epoca disabitato e selvaggio, stavano passando la notte alcuni cristiani insieme al monaco egizio S. Paterno, dopo aver dato sepoltura ad alcuni martiri, fra i quali Livio ed Onorio, trucidati proprio lì dai soldati romani. Prima di venire scoperti ed uccisi, essi avevano eretto un’edicola con l’immagine della Madonna col Bambino. All’improvviso una forte luce inondò la grotta ed apparvero angeli intorno alla sacra immagine, recanti palme e corone; quindi si udì una voce soave: “Non temete, sperate in Dio; io sono tra voi per vostro conforto, qui è la mia immagine”. Quanta gioia, quanto coraggio avrà recato a quelle comunità così provate questo messaggio della Madre? Solo Lei rimase per molto tempo lassù, sul colle, a vegliare il sepolcro dei martiri, presso il cipresso che vi era stato piantato. Ma Essa, dispensatrice di grazie, aveva altri progetti.

         Il mistero della sua presenza in quel luogo doveva manifestarsi tramite una miracolosa conversione all’inizio del XVII secolo. Il pomeriggio del 14 settembre 1602, in una chiesa presso lo stesso colle (Chiesa molto antica, innalzata già in epoca paleocristiana su un precedente tempio pagano), si stavano celebrando i vespri solenni della festa dell’Esaltazione della Croce. Tre giovani, tre ribaldi violenti e attaccabrighe fra i quali un tal Gabriele Mattei, presero a disturbare la funzione. Un anziano fedele li affrontò redarguendoli ed essi, allontanatisi inveendo, giurarono vendetta. Sarebbe toccato a Gabriele ucciderlo. Quel che accadde poi lo sappiamo dal racconto dello stesso giovane al vescovo del luogo, Mons. Giambattista Comparini. Uscito nella notte in preda al tormento, senza riuscire a trovare alcun conforto nelle corde della chitarra di cui era abile suonatore (ché, anzi, ne uscivano solo suoni striduli e disarmonici), si trovò a bestemmiare: parve, allora, che la terra si aprisse ed apparve una mostruosa figura infernale. Terrorizzato si fece il segno della Croce ed invocò la Madonna apprestandosi a fuggire. Subito, da una luce splendente, una voce celestiale gli disse: “Fermati, non temere. Tu mi hai chiamata! Convertiti, sali questo colle, troverai la mia immagine. Voglio che tu mi costruisca un tempio e il giorno della consacrazione farò risplendere un prodigio che nei secoli testimonierà la mia presenza nel tuo paese”.

         Inizia così il meraviglioso cammino di conversione del giovane. Sulla cima del colle, dopo un aspro lavoro di disboscamento, egli stesso portò alla luce un vecchio rudere ricoperto di rovi e di edera all’ombra di un annoso cipresso. Tolte le sterpaglie apparve sul muro, in un’indicibile emozione, l’immagine della Vergine col Bambino. Dal labbro inferiore della Madonna usciva sangue a fiotti. Il prodigio, attestato sotto giuramento dal Mattei e dagli amici che lo avevano accompagnato, fu constatato anche dalle autorità civili e religiose, fra cui lo stesso Vescovo. Ora si doveva dare attuazione alla richiesta della Vergine: la costruzione di un tempio. Fu eretta una capanna per proteggere la sacra immagine, ma, per un tempio…. occorrevano molti denari ed in paese non vi erano che poco più di mille abitanti!

         Gabriele, ormai completamente votato alla causa della Madonna, non si perse d’animo. Si fece pellegrino e questuante, percorse tutta quella regione, quindi salì al nord, valicò le Alpi, batté le contrade di Francia, Spagna, fino al Portogallo. Bussava ad ogni porta e si presentava esclamando: “Deo gratias!”; da ciò gli derivò il soprannome di fra’ Deo gratias col quale è passato alla storia. Il viaggio durò tre anni. Portava con sé un sacchetto di bacche del cipresso cresciuto vicino alla sacra immagine; il semplice lavaggio degli occhi con l’infuso di quelle bacche guarì dalla cecità un figlio della nobile famiglia Taglietti di Roma. Fu solo l’ultimo dei segni miracolosi che accompagnarono il suo peregrinare. Ormai i fondi raccolti, le donazioni ricevute erano più che sufficienti.

La prima pietra della chiesa dedicata alla “Madonna del Colle” fu posta il 7 maggio 1607. Quando, l’8 settembre 1628, essa fu consacrata la facciata venne ornata con festoni di alloro e di mirto e sul cornicione furono fissati con chiodi rami di cipresso. Qualche tempo dopo, mentre si procedeva a togliere l’addobbo, si osservò che due di tali rami avevano fatto presa sul cornicione stesso, di travertino compatto, fresco di calce, senza un granello di terra. Da quasi quattrocento anni quei rami vegetano rigogliosi, sempreverdi, producendo ogni anno bacche fresche. Numerose sono state le ricognizioni di esperti botanici di tutto il mondo, ma il mistero del loro rigoglio appare inspiegabile. E’ questo il prodigio promesso dalla Madonna? Se è così, non possiamo che leggervi un messaggio di resurrezione, legato alla simbologia del cipresso. Un messaggio di speranza: non vi è terra arida, cuore indurito o situazione senza via d’uscita sulle quali la potenza di Dio non possa operare prodigi.

Ad annodare misteriosamente le vicende dei primi martiri all’esperienza di fra’ Deo Gratias doveva contribuire la sua morte, avvenuta per mano assassina. Ora egli riposa nel santuario che con tanta tenacia aveva voluto a gloria della Madre di Dio. Da lì la Vergine Santa non si stanca di suscitare conversioni, curare ferite, elargire grazie.

Il santuario del colle di Lenola è soltanto una delle mille luci che Maria ha voluto accendere. Il tempo non ci permetterà di raccontare tutte le storie straordinarie dei santuari legati ai suoi interventi. Esse testimoniano, con evidenza, una verità che balza da tutte le pagine della Sacra Scrittura: mentre la storia degli uomini registra eventi bellici, mutamenti sociali ed economici, accadimenti naturali o tappe significative dello sviluppo del pensiero e della conoscenza, c’è un’altra storia, ad essa intrecciata, più nascosta, ma più straordinaria e decisiva che si oppone alle scelleratezze della prima e ne raccoglie anche la più piccola positività dandole un valore eterno. È la storia della salvezza. In essa anche le follie di un impero in declino o gli istinti omicidi di una gioventù traviata possono divenire tasselli di un disegno provvidente. In questa storia di salvezza Maria ha intrecciato nei secoli, con i santuari da Lei richiesti o suscitati, un’immensa rete che avvolge la terra per una nuova pesca miracolosa.

Quanto accaduto sul colle di Lenola ci conferma la presenza premurosa di Maria, la sua conoscenza della nostra situazione, il soccorso immediato che è pronta a donarci. Ella è sempre vicino a quanti la cercano e la invocano; ed allora il nostro cuore si riempie di una dolce sicurezza: “Io sono tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è l’anima mia” (Sal 131).