RADICI CRISTIANE

di Massimo Craboledda

"Molti dicono: "Chi ci farà vedere il bene?""(Sal 4,7) Pone questa domanda il salmista, dopo aver invitato ad offrire "sacrifici di giustizia" e, subito, senza esitare, dà la risposta: "Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto" o, nella traduzione dei LXX, "la luce del tuo volto, Signore, è impressa su di noi". Riferendosi a questo versetto, S. Tommaso scrive una pagina esemplare riguardo alla legge naturale, argomento cui questo mese vogliamo dedicare un po’ di spazio, dopo averlo appena sfiorato nell’ultima riflessione circa la libertà di religione e la laicità dello Stato.

? un tema di grande rilievo per la cultura contemporanea, poiché proprio dalla negazione di una legge morale oggettiva, di universale validità, discende quel relativismo etico che tanta influenza ha sul pensiero moderno e tante conseguenze comporta sul piano individuale, sociale e politico.

Esiste una legge morale immutabile, valida per ogni uomo di qualunque epoca, di qualunque latitudine, di qualunque cultura? Molti, appoggiandosi sull’indubbio e straordinario progresso delle scienze, lo negano. La più approfondita conoscenza della realtà chimico-fisica dell’uomo, del suo ambiente e dei processi biologici suggerisce a costoro che i comportamenti umani sono essenzialmente determinati da fattori di natura fisica, esterni e interni all’individuo e che anche gli aspetti morali sono interpretabili come categorie psichiche. Altri, giungendo alle medesime conclusioni, pongono piuttosto l’accento sull’influenza delle condizioni sociali e culturali che determinerebbero, necessariamente, diversi atteggiamenti della persona. Gli uni e gli altri si chiedono: è mai possibile ritenere immutabili norme morali che apparivano razionali nel passato, quando si ignorava il progresso che l’umanità avrebbe fatto e che avrebbe indotto condizioni di vita così profondamente diverse? Queste posizioni, in verità, si arrestano su aspetti fenomenologici e non si spingono a considerare la natura umana in sé.

Vi è, poi, chi rileva un intrinseco contrasto fra l’esistenza di una legge naturale e la libertà. La libertà umana, si dice, se è davvero tale, deve essere, essa stessa, creatrice di valori ed avere la facoltà di decidere del bene e del male. Una concezione così radicale non può non ammettere un’ampia soggettività di comportamenti.

La ragione, illuminata dalla fede in Dio creatore e provvidente, propone una visione ben diversa. L’uomo, dotato, appunto, della ragione che lo fa consapevole del bene e del male e della possibilità di volgersi all’uno o all’altro nei suoi comportamenti, "nell’intimo della coscienza scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale deve obbedire e la cui voce, che lo chiama sempre ad amare e a fare il bene e a fuggire il male, quando occorre, chiaramente dice alle orecchie del cuore: fa’ questo, fuggi quest’altro". Così il concilio Vaticano II, nella costituzione Gaudium et spes, esprime un’esperienza generale. S. Tommaso insegna che questa legge morale (che è detta "naturale" poiché inerisce alla natura umana) "altro non è che la luce dell’intelligenza infusa in noi da Dio. Grazie ad essa conosciamo ciò che si deve compiere e ciò che si deve evitare. Questa luce e questa legge Dio l’ha donata nella creazione". Più di sei secoli dopo, Leone XIII, nell’enciclica Libertas prestantissimum, conferma la dottrina tomista osservando che la "legge naturale è scritta e scolpita nell’animo di tutti i singoli uomini, poiché essa non è altro che la stessa ragione umana che impone di agire bene e proibisce il peccato." E continua: "Questa prescrizione ,,, non potrebbe avere forza di legge se non fosse la voce e l’interprete di una ragione più alta, alla quale il nostro spirito e la nostra libertà devono essere sottomessi". La forza della legge naturale risiede nella sua partecipazione al consiglio eterno di Dio. Essa, infatti, conclude Leone XIII, "è la stessa legge eterna, insita negli esseri dotati di ragione, che li inclina all’atto e al fine che loro convengono".

L’origine divina della legge naturale dà ragione della sua universalità e immutabilità. "Dove dunque sono scritte queste regole – si chiede Sant’Agostino – se non nel libro di quella luce che si chiama verità?" Essendo riflesso della verità che è in Dio, esse non possono essere soggette ai mutamenti dei tempi. Nell’uomo esiste qualcosa che trascende le culture. Scrive Giovanni Paolo II nell’enciclica Veritatis Splendor: "Questo qualcosa è precisamente la natura dell’uomo: proprio questa natura è la misura della cultura ed è la condizione perché l’uomo non sia prigioniero di nessuna delle sue culture, ma affermi la sua dignità personale nel vivere conformemente alla verità del suo essere ... Al di sotto di tutti i mutamenti ci sono molte cose che non cambiano: esse trovano il loro ultimo fondamento in Cristo che è sempre lo stesso: ieri, oggi e nei secoli. ? Lui il "Principio" che, avendo assunto la natura umana, la illumina definitivamente nei suoi aspetti costitutivi".

Quanto all’obiezione circa la presunta limitazione della libertà, la proibizione biblica di mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male insegna che il potere di stabilire ciò che è bene e ciò che è male non appartiene all’uomo ma a Dio solo. Questa non è una menomazione della libertà. Pretendere di travalicare la condizione di creatura ergendosi a legislatore supremo è, piuttosto, un negare la verità, mentre proprio nel riconoscimento della verità l’uomo raggiunge e sperimenta l’altissima libertà che Dio gli ha dato come espressione e frutto della sua dignità.

Dio, dunque, fa partecipi gli uomini della Sua sapienza e conferisce loro, tramite la ragione, la capacità di discernere il bene: il seguire la legge morale naturale è pegno di salvezza anche per chi non ha potuto in vita, per ragioni storiche, conoscere il Cristo. In tal modo Dio offre a tutti la possibilità di salvarsi.

Mentre la legge naturale rivela le esigenze oggettive del bene, spetta alla coscienza emettere il giudizio pratico di conformità o difformità di un certo comportamento rispetto alla legge. Ed è dovere di ognuno formare la propria coscienza nella continua ricerca della verità, secondo l’invito dell’Apostolo: "Non conformatevi alla mentalità di questo mondo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto" (Rm 12,2).