EDUCAZIONE - L’esperienza:

giudicare secondo il cuore

 

A cura di Giovanna Corazza

 

“L’uomo è educato dall’esperienza, non da ciò che prova”.  Che differenza c’è allora fra il mero provare e l’esperienza?

Lo spiega bene nel brano che segue Don Giussani, e di seguito, la lettera di Flora.

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Da “Si può (veramente?!) vivere cosi? di  L. Giussani - BUR-Rizzoli,Milano 1996,pp.82-83

È scriteriato pretendere che il proprio bambino cresca uomo maturo provando tutto quel che vuole.  Nessun  padre  e  nessuna madre farebbero così, eccetto i  padri e le madri che se ne infischiano :  invece d’averlo abbandonato a due mesi sul selciato, l’abbandono a due anni alla mercé di quel che vuole. La realtà, in quanto emerge  a livello di coscienza ed origina una reazione, fa sentire all’uomo qualcosa, provoca un provare- provare nel senso di sentire -,ma non è ancora esperienza. Diventa esperienza quando il provare è nel contempo giudicato dai criteri del cuore: se è veramente vero, se è veramente bello, se è veramente buono, se è veramente felice. In base a queste domande ultime del cuore, a questi criteri ultimi del cuore, l’uomo governa la sua vita.(…) Qual è il punto di partenza per una indagine umana, per una inchiesta sulla verità ? Il punto di partenza è l’esperienza. Non quel che si prova, ma l’esperienza, che è quel che si prova giudicato dai criteri del cuore, i quali, come criteri, sono infallibili (infallibili come criteri, non come giudizi: può essere un’infallibilità applicata male). I criteri sono questi, non ce ne sono altri; o i criteri sono quelli del cuore, oppure noi siamo alienati, venduti sul mercato della politica o dell’economia. Nell’esperienza, la realtà di cui prendi coscienza e che provi – da cui, cioè, tu sei colpito, shoccato (affectus) – ti fa balzare fuori i criteri del cuore, ti desta il cuore che prima era confuso e dormiva, perciò ti desta a te stesso. Lì incomincia il cammino tuo.  

 

v            Testimonianza

 

Il bambino e l’angioletto

Assieme a Lidia e Anna seguo da anni le famiglie che vengono a Pesaro da ogni parte del mondo per il trapianto del midollo osseo. Una domenica pomeriggio di diversi anni fa, durante una festa organizzata per rallegrare i bambini ammalati, arrivò una famiglia musulmana proveniente dall’Azerbaigian con un bambino talassemico. Il bambino ricevette il midollo osseo da madre, ma il trapianto non ebbe esito positivo, quindi rimasero a Pesaro per curarlo e per affrontare un secondo trapianto. Nel frattempo la mamma ebbe una bambina che risultò compatibile e fu eseguito positivamente il trapianto. Durante il decorso della malattia, oltre che con i pacchi del Banco di solidarietà li abbiamo aiutati alternandoci nell’assistenza ospedaliera, durata circa due anni; per aiutare il bambino a sopportare meglio il dolore, gli regalammo un angioletto dicendogli di guardarlo perché lo avrebbe aiutato. I genitori non avevano gradito molto la nostra iniziativa, ma vedendo che il bambino reagiva bene, accettarono il nostro regalo. Un giorno il bambino ci chiese come poteva diventare amico dell’angioletto, noi sotto forma di fiaba gli raccontammo la vita di Gesù. Ogni giorno, assistevamo il bimbo nel decorso della malattia e cercavamo di distrarlo con tanti giochi, ma lui ci chiedeva sempre la fiaba dell’angioletto e di Gesù.

Superata la malattia, il bambino ci chiese di continuare a conoscere  meglio Gesù. Da questo fatto i genitori hanno acconsentito che i loro figli venissero battezzati e proseguendo il loro cammino di fede ricevettero i sacramenti dell’Eucaristia e della Cresima. Quando ci comunicarono questa decisione ci dissero: “Se Gesù è la ragione di quello che fate, è una cosa buona e la vogliamo per i nostri figli”.

Flora, Pesaro

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Tracce – Rivista internazionale di Comunione e Liberazione – Settembre 2006- pag,12