BENEDETTO XVI

UNA VITA PER ARRIVARE … A CASA!

 

«Non è per nulla facile dire dove io sia di casa!» Con queste parola Joseph Ratzinger inizia  in ‘Aus meinem Leben (La mia vita) il primo capitolo della sua opera autobiografica. Una vita vissuta in uno dei periodi più duri della storia, che l’hanno visto migrare di luogo in luogo, per necessità di famiglia o di studio. Una vita sempre legata da un unico fil rouge che non si è mai spezzato: la fede, tramandata dai suoi genitori fino al loro ultimo respiro. Con piacere si leggono quelle pagine, scritte come un diario, nelle quali non nasconde nulla: né il vuoto e il dolore per gli affetti che spariscono, né le paure per un esame di abilitazione a Frisinga, che, se non fosse stato ammesso,  poteva sconvolgere la sua vita e quella dei genitori, né quella malinconica nostalgia di Bonn, la città sul fiume, che dovette lasciare per Munster, l’amicizia e l’ammirazione – pur nella diversità di alcune idee - con Paul Hacker, focoso e impetuoso studioso luterano che dialogava la notte con Lutero e i Padri della Chiesa davanti ad una bottiglia di vino rosso,  E poi ancora il Concilio, le tensioni storiche con Karl Rahner che esprimeva una teologia speculativa – filosofica, mentre Ratzinger traeva tutto dai Padri e dalla Scrittura. Insomma vale la pena leggerlo.

 

Prima di diventare papa, Joseph Ratzinger era il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (ex Sant'Uffizio), il guardiano dell'ortodossia nella Chiesa cattolica. È stato anche presidente della Pontificia commissione biblica e della Pontificia commissione teologica internazionale e Decano del collegio cardinalizio.

Per oltre vent’anni è stato a fianco di Giovanni Paolo II, abitava nel quartiere di Borgo Pio, dove passava con la tonaca nera (non proprio nuovissima) senza la fascia rossa, come un prete qualsiasi, timido e svelto. Ama i gatti (ne ha due!) e molti l’hanno visto parlare anche con quelli di strada (in tedesco) e questi, spesso lo seguivano. Un giorno, mentre stava entrando in Vaticano, il Cardinale Bertone gli si fa incontro e, ridendo, lo avverte, indicando dietro alle sue spalle: “Eminenza, i gatti stanno dando l’assalto al Vaticano!” Infatti, uno stuolo di mici lo aveva seguito fino a S. Pietro …

Lo hanno definito il cardinale dei «no». No all’omosessualità, No al sacerdozio delle donne, No al matrimonio dei preti, No alla comunione per i divorziati, No al comunismo e anche al capitalismo.

Chi lo conosce bene sostiene che oltre ai no, (e tra questi c’è stato il forte no alla guerra in Iraq condiviso con Wojtyla), il nuovo Papa tiene fede alla posizione di Giovanni Paolo II sulle colpe della Chiesa, sulla necessità di chiedere perdono per i roghi degli eretici e per la Shoah. Ratzinger è contro la pena di morte nel Nuovo catechismo e contro la globalizzazione solo economica che tralascia la solidarietà.

Joseph Ratzinger ha compiuto 78 anni tre giorni prima dell’elezione al soglio pontificio. Discende da una famiglia di agricoltori della Bassa Baviera, è nato a Marktl am Inn il 16 aprile del 1927. Il padre era un funzionario della gendarmeria e, troppo povero, fece per qualche tempo da insegnante a suo figlio. Dopo gli studi teologici e l’ordinazione a sacerdote nel ‘51 ha percorso velocemente la carriera ecclesiastica.

Da ragazzo, quando era consigliere del cardinale di Colonia Josef Frings, era, come si definisce lui stesso, un «giovane selvaggio»: faceva parte insieme ad Hans Kueng del gruppo dei teologi detti «Konzilteenager» (teenager da Concilio) che combattevano lo status quo della Chiesa e chiedevano un rinnovamento liturgico Durante la seconda guerra mondiale, venne arruolato nella gioventù hitleriana nella contraerea, addetto al centralino, quando l’iscrizione era obbligatoria, ma non è mai stato membro del partito nazista e la sua famiglia si è sempre opposta al regime di Hitler. Quando ebbe l’età per la chiamata alle armi, fu, come molti, chiamato come ‘volontario’, ma, non accettò – pur con un certo rischio – manifestando l’intenzione di divenire sacerdote. Tra il ‘46 e il 51 studiò teologia e filosofia nell’università di Monaco e nella scuola superiore di Frisinga. Conseguito l’incarico di Dogmatica e Teologia fondamentale nella scuola superiore proseguì l’insegnamento a Bonn, Munster e Tubinga. Il 24 marzo del ‘77 Paolo VI lo mette alla guida della diocesi di Monaco e lo nomina cardinale. È però Giovanni Paolo II a trasformarlo, nel 1981, nell’uomo chiave dell’ortodossia e della teologia nominandolo Prefetto per la Congregazione della dottrina della fede, presidente della Pontifica commissione teologica nazionale e, dal 2002, Decano del collegio cardinalizio. Joseph Ratzinger è stato uno dei grandi elettori di Wojtyla.

Conservatore atipico, aperto al progresso (del resto Germania, Francia, con annesse anche Belgio e Olanda, erano le nazioni in cui si sentiva l’esigenza di un rinnovamento che in Italia non si percepiva neppure) Ratzinger durante il Concilio Vaticano II contribuì al rinnovamento della Chiesa, anche se, dopo il ’68, iniziò a porre quei paletti che gli diedero fama di conservatore, ma che in realtà erano la difesa ferma del patrimonio della fede. In realtà non esiste un Ratzinger progressista ed uno conservatore, bensì esiste un uomo intelligentemente e coerentemente aderente alla  dottrina della Chiesa e alla realtà del tempo storico. Riconoscere (come già fece Giovanni Paolo II) gli errori storici o riformare la liturgia per renderla più accessibile ai fedeli non significa stravolgere il messaggio del Vangelo che resta sempre lo stesso: la salvezza passa attraverso la porta stretta di Cristo.

Giovanni Paolo II capì che la Chiesa mondiale aveva bisogno della testa e del cuore di Ratzinger.

Di se stesso dice: «Non sono un grande inquisitore, né una Cassandra». Eppure è stato l’uomo delle brusche sterzate per correggere quelli che riteneva pericolosi errori dottrinali, in particolare verso la Teologia della Liberazione nelle sue diverse espressioni in America Latina, in Africa e in Asia oltre che in Europa.*  Ha collaborato alla «Dominus Jesus» dove ha posto in luce i problemi relativi alle diverse dottrine (attenzione: non al dialogo interreligioso con le diverse religioni, in particolare le monoteiste) bensì con quei ‘venti di dottrina’, che rispondono all’esigenza di spiritualità degli uomini con la fatuità di un evento di moda, come la new age o simili.  Questo pensiero è venuto fuori, bene, proprio nel discorso per l’apertura del Conclave, Ratzinger non ha lasciato porte aperte. «Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero.. sballottati da qualsiasi vento di dottrina». E ancora... «Ogni giorno nascono nuove sette... Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare qua e là da qualsiasi vento di dottrina, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni».

Il Papa quest’anno gli aveva affidato il compito di scrivere le meditazioni della «Via Crucis». Anche in questa occasione, appena un mese fa, mise a nudo i mali della Chiesa (anche in relazioni ad alcuni scandali che hanno coinvolto il clero americano): «Quanta sporcizia, quanta superbia, quanta autosufficienza c’è nella Chiesa». E ancora: «La Chiesa sembra una barca che sta per affondare. Una barca che fa acqua da tutte le parti».

Certo, varie volte nella storia ‘sembra’ che la Chiesa venga sopraffatta, ma poiché il Capitano è Cristo, ecco che Egli sceglie, a tempo debito, il suo timoniere migliore. Per questo tempo, sul mare della storia, navigheremo guidati da lui: Benedetto XVI.

Dice, giustamente, Messori che quando un Cardinale diventa Papa, non si può mai paragonare ciò che diceva da Cardinale per capire cosa farà da Papa: la veste bianca non solo modifica il suo aspetto, ma tutto in lui, scelto dallo Spirito Santo si trasfigura: egli è il Padre (il Papa) di tutti! Ora Joseph Ratzingersa dove abita’ e dal soglio di Pietro cercherà di raggiungere tutti, per portarli in salvo.

 

* Corrente di pensiero cattolica, sviluppatasi in America latina, che tende a porre in evidenza i valori di emancipazione sociale e politica presenti nel messaggio cristiano. La nascita del movimento risale alla conferenza episcopale latinoamericana (Celam) svoltasi nel 1968 a Medellín, in Colombia, allorché i rappresentanti della gerarchia ecclesiastica del subcontinente presero posizione in favore dei gruppi più diseredati della società latinoamericana e della loro lotta e si pronunciarono per una chiesa popolare e socialmente attiva. La denominazione divenne universale dopo la pubblicazione del saggio del sacerdote peruviano Gustavo Gutiérrez, Teologia della liberazione (1971). Per combattere le dittature e i regimi repressivi, divenne un movimento sempre più radicale, tanto che anche dei sacerdoti parteciparono alla lotta armata. Un gruppo di oppositori, all’interno della stessa Celam, appoggiata da Giovanni Paolo II (che apprezzava il buono di talune idee di base della teologia della Liberazione, ma non poteva certo condividerne l’esasperazione) riuscì a neutralizzare questa corrente della quale ora non si parla quasi più.