I MIRACOLI EUCARISTICI

di Massimo Craboledda

 

IL MIRACOLO EUCARISTICO DI SIENA

La dottrina promulgata dal concilio di Trento riassume in modo preciso la fede della Chiesa nella “transustanziazione”, nel fatto, cioè, che, al momento della consacrazione, durante la celebrazione eucaristica, tutta la sostanza del pane si trasforma nella sostanza del Corpo di Cristo e tutta la sostanza del vino in quella del suo Sangue. Del pane e del vino non resta che l’apparenza. Questa dottrina fa uso della terminologia originaria della filosofia greca, poi recepita dai grandi teologi del medioevo, primo fra tutti Tommaso d’Aquino.

Sostanza è l’essenza necessaria di una cosa, ciò per cui quella cosa è quella e non un’altra; essa si distingue dagli “accidenti” che sono qualità, caratteristiche, aspetti che una sostanza può avere oppure no, pur rimanendo se stessa. La sostanza del pane, ad esempio, è la medesima nel pane bianco, in quello nero di segale, in quello all’olio, in quello al latte e qualunque sia la sua forma. Sostanza e accidenti sono intimamente connessi: non possiamo cogliere la sostanza con i nostri sensi, ma la riconosciamo dagli aspetti, dagli accidenti appunto, con i quali essa si presenta. L’alterarsi, il mutare degli accidenti può portare al cambiamento della sostanza.

Nell’universo creato Dio ci ha dato sotto gli stessi aspetti le stesse sostanze; se così non fosse, non capiremmo nulla di questo mondo, niente sarebbe intelligibile. Ecco, allora, il grande miracolo della transustanziazione: il pane consacrato mantiene l’aspetto, il gusto, la composizione chimica, tutti gli accidenti del pane, eppure non è più pane; la sostanza è mutata, senza che in alcun modo siano stati modificati i suoi accidenti. Solo Dio può operare una simile trasformazione! Noi la crediamo sulla Sua parola ed Egli stesso, con i miracoli eucaristici, rafforza la nostra fede. Tra le caratteristiche immutate della specie pane vi è anche la sua deperibilità: nessun dubbio, dunque, che le particole, anche se consacrate, nel tempo, a contatto con l’ambiente, tendano ad alterarsi, a corrompersi.

Questa premessa (ben lungi da un’esposizione esauriente di concetti non facili, ai quali siamo, oggi, poco abituati) vuole soltanto chiarire meglio il miracolo eucaristico sul quale ci soffermiamo questo mese. Il fatto avvenne a Siena il 14 Agosto 1730, vigilia della solennità dell’Assunzione di Maria in cielo. Come da tradizione, in ossequio ad un antico decreto, il popolo e tutti gli ordini religiosi della città si erano radunati nella stupenda cattedrale per la celebrazione dei primi vespri solenni e l’offerta votiva del cero in onore della Madre di Dio. Lì erano convenuti anche i Frati Minori, custodi della chiesa di S. Francesco. Approfittando dell’assenza dei religiosi, qualcuno riuscì ad entrare in quella chiesa, a forzare la porticina del tabernacolo e a rubare la preziosa pisside contenente un gran numero di ostie, già consacrate in previsione dell’elevato afflusso di fedeli previsto per il giorno successivo.

Il furto sacrilego fu scoperto soltanto la mattina seguente; nella costernazione generale cominciarono febbrili ricerche. Quando la speranza di ritrovarle cominciava ad affievolirsi, la mattina del terzo giorno, il 17 agosto, le sacre particole furono rinvenute in una cassetta per le elemosine nella chiesa di S. Maria di Provenzano. Autore del ritrovamento fu un chierico di quella chiesa, tale Paolo Schiavi, che interruppe la raccolta delle offerte, al momento della consacrazione, per inginocchiarsi proprio nei pressi di quella cassetta. Lo sguardo, caduto sulla feritoia, notò qualcosa di bianco all’interno. Quando, terminata la Messa, la cassetta fu aperta, si poterono contare 351 particole. Messe subito in una pisside nella chiesa di Provenzano ed esposte all’adorazione per ordine del Vescovo, il giorno seguente, con una solenne processione, furono riportate nella chiesa di S. Francesco ove sono ancora custodite.

Il fatto prodigioso è che queste particole si sono conservate fino ad oggi incorrotte, integre come al momento del ritrovamento. La prima ricognizione ufficiale (dopo quella immediata per accertarsi che fossero proprio quelle rubate) risale al 1780 ad opera di padre Giovanni Carlo Vipera, ministro generale dei Frati Minori, il quale poté già constatare lo stato di perfetta conservazione. Delle numerose ricognizioni successive, tutte concordi nelle conclusioni, merita una citazione quella del 10 giugno 1914, autorizzata dal Sommo Pontefice S. Pio X. La commissione scriveva che “le particole erano di apparenza ben conservate e senza alcun segno di alterazione o ammuffimento, né guaste per alterazione di tarli o di altri parassiti, propri dei prodotti farinacei”. Il prof. Siro Grimaldi, docente all’università di Siena e membro di quella commissione, annota che “è sorprendente ed è anormale: le leggi della natura si sono invertite: il vetro è diventato sede di muffe, il pane azzimo è stato, invece, più refrattario del cristallo. Le sante particole di Siena pertanto sono in perfetto stato di conservazione contro ogni legge fisica e chimica, e nonostante le condizioni del tutto sfavorevoli in cui si sono venute a trovare. Un fenomeno eccezionale e straordinario”. Oggi esse sono soltanto 223, le altre essendo state utilizzate nel corso delle varie ricognizioni oppure consumate per attestarne il gusto del pane e la commestibilità.

Naturalmente la scienza non può parlare di miracolo, ma la fede vi vede un segno evidente della presenza sacramentale del Cristo. In questi termini si è espresso anche il papa Giovanni Paolo II, pellegrino a Siena nel 1980.

         Dio, il creatore dell’universo, può evidentemente sospendere le leggi della natura per darci il segno di una realtà, non ancora compiuta e velata ai nostri occhi, che trascende quelle stesse leggi. Nelle ostie incorrotte di Siena il Signore ci dona una profezia dei cieli nuovi e della terra nuova ove non ci sarà più la morte, la natura stessa sarà liberata dalla schiavitù della corruzione ed anche il nostro corpo, a somiglianza di quello glorioso del Cristo, risplenderà incorruttibile nella luce eterna della risurrezione.