IL RELATIVISMO

di Don Carlo Govoni

Dal punto di vista filosofico, il relatvismo  è quella corrente di pensiero secondo cui la conoscenza umana non può penetrare la realtà in sé, come assoluto, ma deve accontentarsi di  afferrare, della realtà, solo aspetti parziali, particolari, contingenti: inoltre questa conoscenza  riconosce l'azione condizionante del soggetto sui suoi oggetti da indagare, facendo proprio il detto "l'uomo è misura di tutte le cose, di quelle che sono  in quanto sono e di quelle che non sono in quanto non sono". (Protagora – V sec. A.C.). Con questa frase si sottolinea l'assoluta relatività della verità: si fa notare che ciascuno vede le cose alla sua maniera e in modo diverso rispetto agli altri.

Secondo questo concetto, non esistendo nulla che abbia il carattere  dell'assolutezza e di immutabilità, tutto diventa: "relativo"  al tempo, ai luoghi, alle persone nelle concrete situazioni con le quali vengono  a contatto.

Con queste premesse non si può parlare di verità, di errore o di falsità, come concetti assoluti, perché il giudizio e la loro valutazione sono rapportati e condizionati dai limiti della facoltà personale  dell'individuo giudicante.

Naturalmente questi limiti condizionano, in modo particolare l’etica, cioè l'agire, per cui, sia il bene che il male perdono la loro prioritaria caratteristica  di assolutezza per cedere spazio alla capacità relativa della persona che agisce.

Il relativismo deriva da una errata interpretazione dell'uso della libertà.

Ovviamente si tratta di una corrente di pensiero ‘filosofico’, anche se è carente di quella obiettività che la filosofia  autentica produce.

Questo modo di ragionare che trascura l'assoluto o lo nega soltanto perché la mente umana è incapace di affrontarlo e di  spiegarlo è un grave errore.

Infatti per la mente umana è già importante riconoscerne l'esistenza cercando di capire, dell'assoluto, tutto quello che può essere percepito.

Per esperienza, so che molte cose, per secoli ritenute “assolute" oggi, pur perdurando la presenza dei limiti nella capacità umana di comprendere sono capite e spiegate con semplicità e in taluni casi sono utili al progresso scientifico!

È ovvio dunque che il "relativismo" se non tiene in nessun conto principi e norme morali fondati sulla natura umana, in concreto, oltre a negare ogni norma morale  di origine e di natura religiosa, nega anche ogni validità alla morale – naturale.

Se questa è la sorte toccata alla legge naturale che è constatabile con la sola intelligenza, si pensi alla fine che tocca al trascendente: all'esistenza di Dio e a ciò che la sua bontà, per il bene dell' umanità, ha rivelato!

Emanuele Severino, un filosofo del nostro tempo, in un’intervista a proposito delle affermazioni del Card. Ratzinger sul relativismo, dice:

 

«Quando si parla di relativismo ci si riferisce alla filosofia. E la Chiesa va innanzitutto ammirata perché anche in questa occasione, attraverso le parole di Ratzinger, mostra la propria capacità di capire il carattere decisivo della filosofia nella storia dell’uomo.Ratzinger condanna il relativismo perché le cose e i valori di cui è portatore scompaiono presto...».

 

Tutto ciò che riguarda Dio e la sua rivelazione, oggi viene spesso definito "fondamentalismo", un termine, che dà l’idea di una cosa esasperante per chi la deve ascoltare o avvicinare, anziché far pensare a ciò che veramente sono le cose rivelateci dal Padre: rivelazioni d’amore, portatrici di gioia e di pace.

Ma allora, si dirà, quanta attinenza ha con la verità oggettiva?

Lascio la risposta a Benedetto XVI, con le parole della sua ultima omelia da Cardinale nella Messa Pro Eligendo Romano Pontifice:

 

«Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare “qua e là da qualsiasi vento di dottrina”, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie.

Noi, invece, abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. É lui la misura del vero umanesimo. “Adulta” non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo. É quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità.» (Card. Ratzinger – 18 aprile 2005)

 

N.B. – Leggere sull’argomento ‘relativismo’ le parole del nostro Arcivescovo, Mons. Caffarra  - pag. 6  (Nota Pastorale 2005)