BENEDETTO
XVI
UNA VITA PER ARRIVARE
A CASA!
di
Maria Carla Papi
Cè
una specie di fil rouge francescano nel destino del futuro
Papa Benedetto XVI. Laltra volta abbiamo letto del suo
rapporto con i gatti con i quali sintratteneva a parlare in
tedesco, ma cè un altro episodio che egli ama ricordare
nella sua biografia.
Nellestate
1950, terminato lesame conclusivo Joseph Ratznger, si
prepara a giungere al traguardo dellordinazione sacerdotale.
Gravato da un compito non lieve ricevuto da un professore (una
sorta di concorso indetto dal seminario ogni anno, basato su un
determinato tema che consentiva al vincitore di disporre di una
piccola somma oltre che di vedere il proprio lavoro
automaticamente giudicato con la valutazione di Summa cum
laude) il giovane Ratzinger è aiutato dal fratello (anchegli
sulla via del sacerdozio) per quanto concerneva tutte le pratiche
e dalla sorella per la battitura in bella del lavoro per il
concorso. Sollevato e felice finalmente ha un po di tempo
per sé per prepararsi al grande passo.
Il
giorno di S. Pietro e Paolo del 1951 erano più di quaranta i
candidati che, nel duomo di Frisinga, si accingevano a rispondere
Adsum (sono qui) e ricevere lordinazione
dal Card. Faulhaber. Scrive Ratzinger:
«
Era una splendida giornata d'estate, che resta indimenticabile,
come il momento più importante della mia vita. Non si deve
essere superstiziosi, ma nel momento in cui l'anziano arcivescovo
impose le sue mani su di me, un uccellino - forse un' allodola -
si levò dall'altare maggiore della cattedrale e intonò un
piccolo canto gioioso; per me fu come se una voce dall'alto mi
dicesse: va bene così, sei sulla strada giusta. Seguirono poi
quattro settimane d'estate, che furono come un'unica, grande
festa. Il giorno della prima Messa la nostra chiesa parrocchiale
di Sant'Osvaldo era illuminata in tutto il suo splendore, e la
gioia che la riempiva quasi palpabilmente coinvolse tutti nell'azione
sacra
»
Questo
semplice episodio, che egli carica di significato, rispecchia la
mitezza danimo che traspare dalla figura di Benedetto XVI.
Mitezza che chi era attento solo alla giusta integralità del
sacerdote e del teologo, non sospettava, dal momento che
chissà perché il rigore, specie quello morale cristiano,
deve sempre essere associato a modi burberi, facce tristi prive
di sorriso, mentre a torto si pensa che chi è mite
sia facile preda delle altrui opinioni.
La
mitezza è tuttaltro. E appunto, ben ce lo insegnano S.
Francesco e i suoi seguaci.
Ordinato
sacerdote, fin dalle prime settimane iniziò così la sua
esperienza che lasciamo raccontare a Ratzinger, con tutto il
calore e il candore che gli è proprio:
«Eravamo
invitati (N.d.R. lui e il fratello) a portare in tutte le case
la benedizione della prima Messa e fummo accolti dovunque, anche
da persone completamente sconosciute, con una cordialità, che
fino a quel momento non mi sarei nemmeno immaginato. Sperimentai
così molto direttamente quali grandi attese gli uomini abbiano
nei confronti del sacerdote, quanto aspettino la sua benedizione,
che deriva dalla forza del sacramento. Non si trattava della mia
persona o di quella di mio fratello: che cosa avrebbero potuto
significare per se stessi due giovani come noi per tanta gente
che incontravamo? Essi vedevano in noi delle persone cui Cristo
aveva affidato un compito, per portare la sua presenza fra gli
uomini. Proprio perché al centro non c'eravamo noi, nascevano
tanto rapidamente delle relazioni amichevoli.
Rafforzato
dall' esperienza di queste settimane, il primo agosto iniziai il
mio ministero come coadiutore nella parrocchia del Preziosissimo
Sangue a Monaco. La maggior parte della parrocchia si trovava in
un quartiere residenziale, in cui abitavano intellettuali,
artisti, funzionari, ma c'erano anche dei tratti di strada dove
risiedevano piccoli commercianti e impiegati, e inoltre portieri,
camerieri e, in generale, il personale di servizio dei ceti più
benestanti. La casa parrocchiale, progettata da un celebre
architetto ma risultata troppo piccola, era davvero molto
accogliente, anche se il gran numero di persone che, a diverso
titolo, vi lavoravano per prestare il loro aiuto, creava una
certa agitazione. Ma la cosa più decisiva fu l'incontro con il
buon parroco Blumschein, che non si limitava a dire che un
sacerdote deve "ardere" (come era stato detto a Ratzinger
in seminario N.d.R), ma era lui stesso un uomo che ardeva
interiormente. Fino al suo ultimo respiro volle svolgere il suo
servizio di sacerdote con tutte le fibre della sua esistenza.
Mori mentre portava il viatico a un malato grave. La sua bontà e
la sua passione interiore per il ministero diedero a questa
parrocchia la sua impronta.
espressione di una
disponibilità al servizio vissuta senza limite alcuno.»
Questo
primo modello iniziò a segnare il cammino
sacerdotale di Joseph Ratzinger, sul quale arriva un altro segno
di quel fil rouge francescano di cui ho accennato
allinizio. Ma di questo parleremo unaltra volta.