LE
QUARANTORE
Proseguiamo la
riflessione sulle Quarantore, osservando come, questo culto
eucaristico, divenuto popolare circa 500 anni fa, sia
sopravvissuto anche nei nostri tempi convulsi.
La tradizione
delle Quarantore affonda le radici nellamorevole ricordo
delle 40 ore più angosciose dellumanità, quelle cioè che
sono trascorse da Gesù Cristo nel sepolcro. La sua morte,
preceduta dalla promessa offerta nellultima Cena, non
doveva spegnere la speranza nei cuori di chi aveva creduto in Lui.
E oggi, che veneriamo il suo Corpo Eucaristico, certi che quella
promessa è stata mantenuta, non possiamo non pensare a cosa sarebbe
stato di noi se il Padre non ci avesse donato il Figlio, se quel
Figlio non ci avesse già perdonato e riscattato i peccati,
attendendo solo un nostro cenno
Certo, oggi
le Quarantore non stravolgono la vita di un paese o di una città,
I ladri non smettono di rubare, ma neppure i
negozianti chiudono le attività. Forse era storicamente
inevitabile. Ciò che deve, a mio avviso, far riflettere, non è
ciò che non avviene più, ma ciò che malgrado tutto, avviene
ancora! E questo è un grande miracolo! Prendiamone coscienza e
diffondiamo questa idea
·
Le Quarantore nei Documenti pontifici e nella pietà del
Popolo di Dio
Tratto
da un articolo Egidio Picucci su LOsservatore
Romano ed. quotidiana del 2-3 maggio 2005
Tra le manifestazioni del culto eucaristico, restano ancora
attuali le Quarantore, una volta così diffuse e così solenni da
costituire un tempo di rinnovamento spirituale e sociale, di
preghiera e di penitenza, di comunione tra il clero e il popolo,
tra ricchi e poveri, tra superiori e sudditi.
La storia dice
che, durante i giorni della solenne esposizione, le città
cambiavano fisionomia: i negozi chiudevano; i lavori dei campi
erano sospesi; le barriere sociali cadevano e la fede rifioriva
nel cuore della gente che imparava a pregare e a meditare.
L'adorazione
coinvolgeva tutte le categorie di persone che, giorno e notte, si
avvicendavano in preghiera, spesso in modo inventivo e spontaneo,
per quaranta ore davanti a Gesù Eucaristia.
Per tre giorni si
stabiliva quasi una tregua Dei perché «i violenti diventavano
mansueti; i ladri restituivano il maltolto; i falsari diventavano
onesti; i nemici si riconciliavano; la gioventù si innamorava di
Dio e i sacerdoti non si allontanavano dall'altare e dai
confessionali».
E questo perché le
Quarantore pian piano acquistarono lo stile, l'importanza e l'efficacia
di una vera missione popolare, affidata a predicatori che le
ritenevano un ottimo mezzo per preparare la predicazione più
impegnativa, quella quaresimale, immancabile in tutte le chiese.
Un tempo di grazia, quindi, che rinnovò la vita cristiana.
Poi vennero le
rivoluzioni politiche e sociali, con gli inevitabili cambiamenti:
le città divennero più grandi e meno accoglienti; più
industriali e meno religiose; più ricche materialmente e più
povere di rapporti umani e di amicizia cristiana; più
intellettuali, ma religiosamente meno preparate. La ragione,
sublimata oltre misura, cominciò a dubitare della fede e a
criticarla, tanto che si affievolì, facendo calare molte
pratiche religiose, comprese le Quarantore, che incisero sempre
meno nella vita individuale e sociale. Resta comunque il fatto
che, per oltre due secoli, questa devozione è stata al centro
del culto eucaristico e un argine potente ed eccezionale per
fronteggiare tempi di calamità, di divisioni e di lotte.
A chi si deve questo movimento così benefico? Gli storici dicono
che le radici dell'adorazione affondano nella consuetudine
cristiana del digiuno e dell'astinenza praticati negli ultimi
giorni della Settimana Santa, con l'adorazione della Croce e poi
del Crocifisso da parte del Vescovo, del clero e dei fedeli:
pratiche a cui si aggiunsero pian piano veglie di preghiera che
iniziavano la sera del Giovedì Santo e si concludevano a
mezzogiorno del sabato, nel triste pensiero del Sepolcro in cui
Gesù, secondo il computo fatto da s. Agostino, rimase Quarantore.
Il passaggio da questa forma liturgico-devozionale locale e
particolare alla nota e classica forma dell'adorazione che
lentamente assunse un carattere più popolare e universale con l'ininterrotta
esposizione per Quarantore del Sacramento, avvenne a Milano nel
decennio 1527-1537. Il cambiamento fu possibile innanzitutto per
la religiosa disponibilità dei milanesi e poi per lo zelo di
uomini che portarono contributi che si fusero e si arricchirono a
vicenda, fino ad assumere la fisionomia che, salvo alcune
particolarità, dura fino ad oggi.
Il protagonista delle Quarantore fu il sacerdote ravennate
Antonio Bellotti che, nel 1527 (l'anno del disastroso Sacco di
Roma), obbligò i devoti della scuola da lui fondata nella chiesa
del Santo Sepolcro, a celebrare ogni anno le Quarantore non solo
durante il triduo della Settimana Santa, ma anche a Pentecoste,
all'Assunta e a Natale. Iniziativa che si estese anche ad altre
chiese milanesi dopo la sua morte (1528) e che il domenicano
spagnolo Tommaso Nieto associò alle processioni che egli indisse
nel 1529 per scongiurare la guerra e la peste che minacciavano la
città.
A questo punto entra in scena Fra Buono da Cremona, un eremita
amico dei barnabiti e soprattutto di s. Antonio Maria Zaccaria,
loro fondatore. Nel 1534 egli chiese al duca di Milano Francesco
II Sforza e al Vicario Generale Ghillino Ghillini, Vescovo di
Comacchio, l'autorizzazione a poter esporre il Santissimo sopra l'altare
per un'adorazione di quaranta ore ininterrotte. Pare, comunque,
che la sua attività si confonda e confluisca nelle iniziative
dell'amico s. Antonio Maria Zaccaria, dei suoi barnabiti e del
cappuccino p. Giuseppe Piantanida da Ferno.
Una cronaca del tempo racconta che nel 1537 alcuni homeni
i primi barnabiti e il loro fondatore proposero di
allestire un altare nell'abside del Duomo per esporvi «el Corpus
Domini de continuo», idea caldeggiata dal predicatore
quaresimalista e vivamente raccomandata al popolo.
La proposta fu
accolta, e le Quarantore si fecero a turno in tutte le chiese
della città, cominciando da quella di Porta Orientale e
terminando con quella di Porta Vercellina.
È certo che gli homeni di cui parla il cronista sono i barnabiti;
certo anche, grazie a un'accurata indagine del gesuita Angelo De
Santi, che il predicatore fosse davvero p. Giuseppe, per cui
sembra giusto affermare con p. De Santi che «le circostanze
storiche sembrano affratellare il santo fondatore dei barnabiti,
i suoi religiosi compagni, l'eremita fra Buono e p. Giuseppe da Ferno...
Tutti ebbero una parte veramente precipua nell'introduzione del
turno incessante delle Quarantore a Milano nel 1537: lo Zaccaria
come primo ispiratore; i suoi religiosi e fra Buono come
esecutori attivi della rotazione delle chiese per il pio
esercizio; p. Giuseppe come instancabile propagatore».
Accertato questo,
c'è da ammettere che le Quarantore sarebbero rimaste nei piccoli
orizzonti cittadini se zelanti confratelli di p. Giuseppe non ne
avessero fatto un evento prima italiano e poi europeo,
divulgandole nelle loro predicazioni quaresimali, come riconosce
lo stesso p. De Santi. «A p. Giuseppe da Ferno egli
scrisse va data la gloria incontrastata di essere stato il
primo a spargere per le città d'Italia la pia devozione,
cominciando quell'anno stesso a Pavia; ed ai suoi compagni e
discepoli e a tutto l'ordine dei Cappuccini deve riconoscersi il
vanto d'esser stati, dopo di lui, i più ferventi, i più
efficaci e i più fortunati promotori delle Quarantore».
A loro, nella seconda metà del sec. XVI, si unirono i Gesuiti, cioè
un altro istituto che si dedicava alla predicazione: i Barnabiti,
votati all'educazione della gioventù, non potevano impegnarsi
come un Ordine che faceva della predicazione itinerante un
aspetto qualificante dei suo stile di vita.
L'espansione cominciò non appena Paolo III approvò la «pia
pratica» con un Breve del 28 agosto
2(continua)